venerdì 31 dicembre 2010

Stampa clandestina in crescita in Italia?

Un interessante problema editoriale nasce forse dal sito Paper.li. Un problema che forse illustra bene gli anacronismi della legge italiana sulla stampa. La quale, in acrobatico contrasto con la Costituzione, prevede che le testate giornalistiche siano registrate presso il tribunale della città dove vengono edite e che abbiano un direttore responsabile iscritto all'Albo dei Giornalisti (con varianti per i periodici specializzati).

Questa normativa pressoché unica in Europa e piuttosto rara anche nel resto del mondo ha generato un bizzaro disclaimer che si vede spesso nei blog:  questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001, anche se, come capita spesso in Italia, non è chiaro se sia utile o necessario.

Ora, Paper.li è un aggregatore di contenuti provenienti da Twitter e Facebook che genera delle pagine di questo tipo: Adv Daily by Alessandro Sisti, Michele Ficara Daily, Alessandro Cosimetti Daily (sono tre dei tanti di cui ricevo la segnalazione via Twitter). Chi è presente su Twitter e ha qualche amico che usa il servizio riceve ogni giorno il tweet "È uscito il Tizio Caio Daily", "È uscito il Sempronio Tarquinio Daily".

L'aggregazione viene fatta in modo automatico, sulla base di filtri indicati dall'utente, viene aggiornata regolarmente, anzi quotidianamente, sulla base di contenuti aggregati da Facebook e Twitter, e la notizia della pubblicazione viene spedita a una base di iscritti definita dall'utente, fra amici di Facebook e follower su Twitter. La pagina viene presentata come un quotidiano ("Daily", "a paper from ....", "x contributors today", "a Paper.li newspaper") e i contenuti sono definiti articoli.

Immaginiamo che uno dei contributor aggregati dal nostro "Daily" pubblichi sul suo spazio Facebook un post e una foto ritenuti falsi o diffamatori da qualcuno. Il nostro Daily le aggrega e poi segnala la nostra pagina a un migliaio fra amici e follower. Il caso è improbabile ma, con milioni di utenti Facebook e migliaia di quotidiani su Paper.li, è sia verosimile che possibile.

La persona che si ritiene diffamata stampa la pagina del "Tizio Caio Daily" che riporta, fra i tanti articoli, anche il contenuto che ritiene falso o diffamatorio e va dal suo avvocato.

Cosa diranno l'avvocato e soprattutto poi il giudice? Ravviseranno la diffamazione a mezzo stampa e, mancando registrazione presso il tribunale e direttore responsabile, anche l'assurdo e anacronistico reato di stampa clandestina? Perseguiranno solo l'autore del contenuto diffamatorio, oppure ravviseranno un concorso di colpa da parte della testata giornalistica "Tizio Caio Daily"?

Alternativamente, qualche solerte Istituzione Statale alla ricerca di nuovi modi per fare cassa, scoprirà in Paper.li un modo facile per inviare in modo industriale un po' di sanzioni per stampa clandestina semplicemente cercando sul sito Paper.li i quotidiani degli utenti italiani?

Il Miami's World Erotic Art Museum rivendica la proprietà assoluta

Un interessante problema di copyright è sorto fra il fotografo Thamas Hawk e il Miami's World Erotic Art Museum relativamente a foto pubblicate su Flikr. In base a quanto scrive Thomas Hawk, il World Erotic Art Museum di Miami consente ai visitatori di fare fotografie. Per impedirne però la diffusione online, il museo utilizza lo strumento legale del DMCA Digital Millenium Copyright Act per attribuirsi la proprietà totale del copyright degli oggetti esibiti nel museo, laddove invece i diritti di riproduzione di un dato oggetto andrebbero ripartiti fra l'autore e chi possiede fisicamente il dato oggetto. Per fare un esempio, la Gioconda è fisicamente presso il Louvre di Parigi. Ma questo non significa che automaticamente il museo del Louvre detiene il copyright della Gioconda che invece sarebbe appartenuto a Leonardo da Vinci se questo fosse ancora vivo o ai suoi eredi se fosse deceduto da meno di 75 anni.

Nel caso della Gioconda, la sua riproduzione ormai è talmente di pubblico dominio che sarebbe impossibile per il Louvre rivendicarne il copyright. Ma se un collezionista trovasse un quadro sconosciuto di Leonardo,  mai fotografato prima, potrebbe rivendicarne il copyright? Sarebbe come se chi, trovando un inedito di Shakespeare o di Alessandro Manzoni, ne diventasse il proprietario assoluto, tanto dell'oggetto quanto del contenuto intellettuale. Può darsi che in qualche paese questo sia legalmente possibile, però secondo la logica (il copyright serve per tutelare il diritto dell'autore a ricevere un compenso dal suo lavoro, non il proprietario fisico dell'oggetto) sarebbe palesemente assurdo.

[Nota: Fra l'altro, una certa difficoltà a trovare il sito del World Erotic Art Museum di Miami su internet illustra il fatto che forse non conoscono bene la rete e le sue caratteristiche, almeno per quel che riguarda la Search Engine Optimization. Facendo la ricerca "Miami World Erotic Art Museum" non trovo il sito ufficiale nelle prime tre pagine, laddove tale ricerca, normalmente, se il sito è fatto bene, dovrebbe riportare il sito in prima pagina, se non addirittura come primo risultato (ricerca fatta il 31 dicembre 2010 - i risultati nel tempo possono cambiare).]

giovedì 30 dicembre 2010

Lezioni di giornalismo (25) - I guru non si correggono mai

Umberto Eco è una specie di Papa laico per cui è pericolosissimo criticarlo. Però quando parla di nuove tecnologie, lui che è stato un pioniere della televisione italiana (ha lavorato in Rai negli anni cinquanta), o dice banalità oppure prende vere e proprie cantonate.

Le banalità possono essere utili a fini divulgativi per raccontare, ad esempio, Internet ai suoi coetanei e a chi è ancora dalla parte sbagliata del digital divide (o la parte giusta, se si pensa a quanti uomini di potere in Italia disdegnano l'uso del computer e nutrono diffidenza per Internet).

Le cantonate invece dovrebbero essere individuate e corrette, prima della pubblicazione, da qualche solerte redattore che avrebbe il dovere di segnalarle e discuterne con il Grande Autore.

Per esempio sull'Espresso del 6 gennaio ora in edicola, Umberto Eco parla con apparente profondità del fenomeno Wikileaks.

Apparente perché enumera alcune osservazioni banali per chi segue la rete da anni, ma magari utili ai fini divulgativi ecc. ecc. Per esempio si autocita scrivendo "avevo tempo fa scritto che la tecnologia procede ormai a passo di gambero, cioè a ritroso. Un secolo dopo che le comunicazioni erano state rivoluzionate dal telegrafo senza fili, Internet ha stabilito un telegrafo su fili (telefonici)".

I redattori dell'Espresso e molti illustri coetanei di Umberto Eco - per esempio, con qualche anno di più o di meno Eugenio Scalfari, Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi - probabilmente restano a bocca aperta di fronte a una simile osservazione.

Evidentemente non sanno che Nicholas Negroponte aveva detto qualcosa di analogo una quindicina di anni fa (ma in forma di previsione, non in forma di osservazione del senno di poi). Infatti si parlava di "Negroponte's switch", il processo per cui le comunicazioni telefoniche sarebbero passate al wireless, mentre le comunicazioni radio e tv sarebbero passate al cavo. Probabilmente un redattore più attento o più coraggioso avrebbe suggerito a Umberto Eco di modificare il passaggio o di sopprimerlo del tutto, insieme a quel che segue.

Arriva infatti adesso il vero e proprio svarione: Le videocassette (analogiche) avevano permesso agli studiosi di cinema di esplorare un film passo per passo, percorrendololo avanti e indietro e scoprendone tutti i segreti del montaggio, mentre ora i cd (digitali) permettono solo di saltare per capitoli, e cioè solo per macroporzioni.

A parte il fatto che uno "studioso di cinema" sufficientemente motivato e amico di qualche casa di produzione aveva a disposizione la moviola anche prima dell'invenzione della videocassetta, ecco gli errori che un bravo redattore avrebbe dovuto segnalare e correggere:

  1. I cd (compact disc) sono digitali sin dai tempi della loro introduzione, nel 1979. Hanno inoltre sostituito i dischi in vinile e le cassette audio per la musica e non le videocassette. Vero che possono essere usati come supporti anche per filmati digitali, ma la digitalità del cd non è una novità recente. 
  2. I supporti che hanno sostituito le videocassette sono i dvd (digital versatile disc) e non i cd. 
  3. Contrariamente a quanto detto, i filmati digitali (siano essi registrati su dvd, su cd, hard disk, chiave usb o su altro supporto ottico o magnetico) possono agevolmente essere esaminati "passo per passo, percorrendoli avanti e indietro per scoprirne tutti i segreti del montaggio", in modo anche più agevole delle videocassette. Se alcuni dispositivi di lettura eventualmente non possono farlo, è per limiti particolari di quei particolari dispositivi.


Insomma, l'iconoclasta tesi che la tecnologia vada a passo di gambero (intellettuale variante del tradizionale luogo comune degli anziani: "il mondo va all'incontrario, invece di andare avanti andiamo indietro") si affloscia su due esempi non proprio centrati: la presunta controrivoluzione del telegrafo-senza-fili-nuovamente-con-i-fili e i "cd video" che sarebbero "esplorabili" per macroporzioni mentre le videocassette erano meglio.

martedì 28 dicembre 2010

Trenitalia in anticipo sui tempi perde ugualmente il treno

Trenitalia questa volta che era in anticipo sui tempi, perde comunque il treno. Ecco le statistiche odierne della sua presenza su Twitter:

Presente dal primo maggio 2007 (praticamente un early adopter)
1 solo tweet (Testo: "Twitter di Trenitalia")
0 following
368 follower

Insomma, una delle carenze di Trenitalia, anche in base alle esperienze con la neve, recenti e meno recenti, è la mancanza di comunicazione nei confronti dei viaggiatori, nonostante l'abbondanza di informazioni a loro disposizione e l'abbondanza anche di mezzi (sito web, blog, e-mail, sms, Twitter).

Il mancato utilizzo e l'evidente sottovalutazione di uno strumento come Twitter, che sarebbe estremamente efficace per informare in tempo reale almeno quella quota di passeggeri che viaggiano dotati di smartphone spiega almeno in parte questa difficoltà nel comunicare efficacemente.

Aggiornamento - Mi segnalano* che forse l'account @trenitalia sarebbe un falso. È possibile, ma in questo caso è strano che abbiano lasciato per quasi tre anni in essere un account Twitter con nome e marchio ufficiali, quando in questi casi basta abbastanza poco per far rimuovere l'account abusivo. Infatti nulla vieta di parlare di un'azienda su Twitter ma è sicuramente vietato simulare di essere il canale di comunicazione ufficiale dell'azienda. Esiste inoltre a quanto pare un canale ufficiale aperto di recente ma riservato ai treni denominati "Freccia Rossa". L'account sarebbe questo: @LeFrecce.
[*Segnalazione ricevuta via @iltrev. Questo è il suo blog, flusso di (in)coscienza]

Aggiornamento, 25 luglio 2011: oggi i tweet di @trenitalia sono protetti.

venerdì 24 dicembre 2010

Legge Pisanu sull'accesso in rete wireless: la situazione

Il punto della situazione sulla legge Pisanu/Stanca dal blog di Stefano Quintarelli secondo il decreto milleproroghe (in via di approvazione).

Il dato importante e molto interessante è che le associazioni nelle loro sedi doverbbero poter offrire accesso alla rete wireless ai propri soci senza particolari formalità.

mercoledì 22 dicembre 2010

Sociologi dilettanti e valutazioni soggettive della crisi (il paradosso dei ristoranti vuoti)

Quando si parla di crisi, c'è sempre qualcuno che obietta: "sì ma i ristoranti sono sempre pieni, le strade sono piene di macchine".

Bisogna fare sempre attenzione a queste valutazioni soggettive, soprattutto se chi le fa gode di un buon reddito. Esistono infatti questi fenomeni che distorcono la nostra percezione della società in generale:

  1. In genere i nostri amici sono di un'estrazione sociale analoga alla nostra;
  2. Gli amici che frequentiamo non sono mai rappresentativi della società nel suo complesso.
  3. Possiamo avere una percezione soggettiva della realtà economica in generale solo se facciamo un lavoro a contatto con un pubblico generale.
La percezione dei ristoranti pieni è generalmente priva di fondamento per questi motivi:
  1. I ristoranti vuoti in genere dopo un po' di tempo chiudono;
  2. Fra i ristoranti che restano aperti, quelli pieni prevalgono (altrimenti chiuderebbero)
  3. In generale, si va più spesso in un ristorante pieno che in un ristorante vuoto (è più probabile essere una delle 300 persone in un ristorante pieno o una delle 6 in un ristorante vuoto?)
Prendendo il caso del punto 3, ad esempio, è evidente che le 300 persone del ristorante pieno avranno l'impressione che i ristoranti sono pieni, mentre solo 6 avranno l'impressione che i ristoranti sono vuoti.

Lo stesso discorso si può fare sulle auto per le strade. In caso di crisi le auto non spariscono. Se si muovono di meno, restano comunque parcheggiate nelle strade, particolarmente in Italia dove nelle città le abitazioni hanno pochi box e garage. Le ore di punta restano sempre quelle, e lo stesso i picchi stagionali per ferie e lunghi weekend. Inoltre i movimenti delle auto sono estremamente difficili da tracciare "a vista". Per esempio, in caso di crisi economica i mezzi commerciali possono fare meno consegne. Ma i venditori e chi promuove l'attività commerciale possono essere costretti a fare più visite ai clienti. Lo stesso vale per i movimenti di vacanza: la crisi può indurre a fare vacanze più brevi ma non a rinunciarvi. Oppure fare diversi ponti e weekend lunghi, invece delle tre settimane d'agosto. Questo può creare maggior traffico, più andirivieni, pur generando una minore spesa complessiva.

La Chiesa dice e contraddice. Il paradosso che, forse, la soffocherà

Questa precisazione della Congregazione per la Dottrina della Fede è esemplare nel dimostrare il paradosso in cui, da qualche secolo, la Chiesa Cattolica si sta lentamente avvitando: il Sacro Graal dell'Interpretazione Autentica delle Parole.

Fedeli e non fedeli credevano di aver capito una certa cosa (con diverse sfumature di interpretazione) e puntuale, dopo un po', arriva il chiarimento dalle Alte Gerarchie che, a seconda del caso, contestualizza o de-contestualizza il fatto o le parole.

In questi mesi abbiamo infatti scoperto che di norma non si può né bestemmiare né prendere la comunione se divorziati. Ma se siamo un potente uomo politico moderato, invece si può: basta contestualizzare la cosa. Lo dicono le Alte Gerarchie.

Adesso scopriamo un'altra cosa: quello che, a lume di buon senso, sembravano essere le parole del Papa sul preservativo, non lo sono. Volevano dire altro. Il resto del mondo non aveva capito. Una variante dottrinale del "sono stato frainteso".

Naturalmente la logica verbale è ineccepibile. Ma anche i ragionamenti filosofici possono essere logicamente ineccepibili ma comunque sbagliati. Il paradosso è troppo difficile da mantenere, sia nella storia sia nella geografia. Se la verità è una sola, e di questa verità la Chiesa Cattolica è l'unica custode, il mutevole evolversi della Storia e l'enorme quantità di comunicazioni della società moderna rendono troppo difficile l'acrobazia verbale e filosofica necessaria per riportare sotto un'unica interpretazione tutte le diverse possibilità di significato delle parole in tutte le lingue del mondo.

Questo paradosso è il motivo principale per cui la Chiesa Cattolica, e di riflesso anche l'Italia che nella cultura politica, amministrativa e dirigenziale è così tanto influenzata dalla Chiesa, ha così tante difficoltà a rapportarsi con il mondo moderno.

2x1: un "chiaro riferimento sessista"?

Caterina Soffici nelle sue critiche alla pubblicità Tim non ha tutti i torti, però leggere nella promozione 2x1 un "chiaro riferimento sessista" (ultimo paragrafo del suo articolo) è un po' esagerato.

Se il 2x1 è "chiaramente sessista" allora il 3x2 che da decenni vediamo nei supermercati cos'è?

È evidente che nel suo articolo c'è, anche, un po' di pregiudizio ideologico.

martedì 21 dicembre 2010

E-book gratis per chi vuole evitare i principali errori della comunicazione online

Alessandra Farebegoli ha scritto un e-book gratuito indirizzato a chi muove i primi passi nella comunicazione e nel marketing online (cioè il 65% delle aziende italiane, visto che solo il 35% ha un sito Web...).

Si tratta di un breve libro facile e pieno di consigli utili. Particolarmente interessante la sezione su Facebook, soprattutto per chi (e sono moltissimi) ha fatto l'errore di promuovere la sua azienda o la sua attività professionale con un profilo privato invece che con una pagina pubblica. Come dico spesso per chiarire l'errore, se per il tuo negozio stai scrivendo NOME: Emporio, COGNOME: Armani, sei nella parte sbagliata di Facebook.

Rispetto al profilo personale la pagina pubblica su Facebook offre questi vantaggi:

  1. - Non c'è limite al numero di amici
  2. - Ci sono le statistiche 
  3. - Può essere amministrata da più persone, evitando pasticci con le password

Questa per esempio è la mia pagina pubblica su Facebook, Scrittore Freelance.

Il libro di Alessandra Farabegoli spiega inoltre molte cose su come ottimizzare il proprio sito Web, su come utilizzare Linkedin e altri consigli utili. Per scaricarlo gratis basta cliccare su questa pagina.

Social Media e Social Network: considerazioni per il 2010

Le considerazioni sul 2010 dei social network, e qualche previsione per il 2011, di Luca Conti, uno dei maggiori esperti italiani di social media.

Facebook e Twitter: percentuali a confronto

In questo diagramma, chiamato elegantemente infografica o infographic, un interessante confronto fra le percentuali di utilizzo e la distribuzione degli utenti di Facebook e di Twitter, i due social network probabilmente più famosi negli Stati Uniti d'America e in Europa. Qui il post originale, in inglese.

lunedì 20 dicembre 2010

D'Alema parla a sé stesso in televisione, ma non si ascolta



Ho già scritto che Pier Luigi Bersani è inadatto a sfidare Berlusconi. Massimo D'Alema è ancora meno adatto sia per sfidarlo, sia per aiutare chi lo farà. Questa intervista di Fabio Fazio a Massimo D'Alema durante la trasmissione di Raitre Che Tempo Che Fa lo dimostra chiaramente.

Basta esaminarla con occhio critico in termini di comunicazione, tenendo presente che in Italia il 30% degli italiani è analfabeta o semi-analfabeta e, insieme a un ulteriore 30% che non legge, si informa esclusivamente attraverso la televisione. In pratica, meno del 40% degli italiani legge ogni tanto libri e giornali, o accede a Internet.

L'alchimista della politica che trasforma l'oro in piombo.
D'Alema, in questa intervista pensa di essere semplice e chiaro (lo è, ma solo per studenti universitari medi o per studenti liceali che seguano con attenzione), mentre è incomprensibile per la maggior parte degli italiani.

Inoltre mette a segno diversi autogol logici e strategici che sgomentano.

Le carenze comunicative di Massimo D'Alema
I difetti di comunicazione che evidenzio non sarebbero gravi se D'Alema fosse un professore universitario o un filosofo della politica. Sono invece gravissimi se si tiene presente che si tratta di uno dei massimi dirigenti del principale partito di opposizione da almeno sedici anni, ovvero da quando Silvio Berlusconi si è presentato in politica.

Minuto 3.00
Al terzo minuto dell'intervista (un'intervista in ginocchio come quelle che Bruno Vespa fa a Berlusconi, quindi dove non è difficile concordare almeno qualche dichiarazione chiave o qualche domanda cardine) Massimo D'Alema racconta la prima pagina dell'International Herald Tribune (un quotidiano che la maggior parte dei telespettatori non conosce) e una vignetta di Le Monde, entrambe molto critiche su Berlusconi e la sua recente prestazione parlamentare.

Massimo: sei in televisione, non alla radio! Non devi raccontare, devi far vedere se vuoi essere più efficace. Dovevi portarti dietro i due giornali e farli vedere.

Minuto 5:30
Testuale dichiarazione: "(...) la formazione di un governo di responsabilità nazionale, se questo sarà impedito dovrebbe diventare il tema della campagna elettorale." Cioè, se si va a elezioni anticipate il tema della campagna elettorale che farà vincere il PD dovrebbe essere "ci hanno impedito di fare un governo di responsabilità nazionale"? Abbiamo sentito bene?

Minuto 10.34
Testuale dichiarazione: "Il partito democratico ha proposto una riforma fiscale molto importante, attraverso la quale si ridurrebbe la pressione fiscale sul lavoro, naturalmente facendo pagare un po' di piu' alla rendita finanziaria, aiutando le imprese."

27 parole (non contando gli articoli per carità cristiana) per dire "meno tasse sul lavoro".

Inoltre, usando quella formulazione, quel che viene percepito da un discorso così articolato e vago è "più tasse in generale" perché dire "naturalmente facendo pagare un po' di più alla rendita finanziaria" senza definire cosa si intende per rendita finanziaria, e preceduto da un "naturalmente" fa scattare i riflessi pavloviani della paura dei "comunisti che ti portano via la casa".

Presidente D'Alema, le costava tanto dire "meno tasse sul lavoro e sulle imprese", per cercare di conquistare le simpatie dei lavoratori dipendenti (che in parte hai già) MA ANCHE di partite iva, precari, piccole imprese (che non si sentono più rappresentate dal PDL ma che percepiscono i furori fiscalisti del PD come un pericolo)?

Minuto 11.30
Prima perla: rivolgendosi a Fazio, dice "Lei ha un grande rapporto con il pubblico, noi politici per definizione no."

Ovvero, nella visione di D'Alema il politico non è popolare, non ha rapporto con il pubblico, non gli parla e non lo ascolta.

Si tratta della più smaccata e ingenua dichiarazione di inconsapevolezza politica che abbia mai sentito.

Equivale a dire: confesso di non essere un politico moderno, al massimo sono un funzionario di nomina regia di una monarchia costituzionale. Insieme a un'altra dichiarazione raccolta qualche giorno prima da La 7 ("il popolo grida secondo i suoi sentimenti, la politica la facciamo noi") un bell'esempio di politico moderno.

Minuto 15.19
Seconda perla: le primarie del PD sono state per anni un pasticcio. Dichiarazione testuale: "Le primarie sono una forma molto importante di coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni. Naturalmente sono meccanismi delicati che devono funzionare sulla base di regole.


Per esempio io trovo molto discutibile che si facciano le primarie con dieci candidati e chi vince diventa il candidato di tutti a prescindere da quane persone partecipano e quanti voti prende, perché con dieci candidati con il 20% diventi il candidato di tutti [secondo quale calcolo?]


Io ne ho parlato di queste nostre primarie con gli americani (!), perché in fondo le hanno inventate loro. Con Joe Podesta, che è stato capo dello staff della Casa Bianca e mi ha domandato se siamo matti a fare le primarie in questo modo perché loro le fanno in modo completamente diverso."

Persino Fabio Fazio obietta: "Ma le avete inventate voi così!"

D'Alema: "Possiamo anche sbagliare. Abbiamo lanciato un'idea giusta ma perché questa idea funzioni e non produca dei danni bisogna fare attenzione alle garanzie e alle regole."

Cioè da anni il PD va avanti con primarie improvvisate e non attendibili? Non si sono neanche documentati su come vengono fatte all'estero? 

Ci sono tutti i motivi per chiedere le immediate dimissioni di tutto il gruppo dirigente del PD. Compreso Massimo D'Alema, naturalmente.

Minuto 18.00
Fazio chiede un parere sull'attuale situazione. Inizio della risposta: "Ci sono ingredienti che preoccupano..." Ingredienti de che? Che razza di metafore usi?

Minuto 21.00
Gran finale, è il momento di dire qualcosa di memorabile per un'uscita da grande statista e da leader di opposizione:

"Spero che i cittadini ritrovino la capacità di indignarsi, piuttosto che il fastidio che li allontana dalla politica. La politica com'è non mi piace ma se la gente se ne allontana sarà sempre peggio e il danno sarà per tutti."

Una dichiarazione entusiasmante come una minestrina fredda alla mensa dei poveri.

Con l'autogol logico: La politica com'è non mi piace detto da un professionista della politica attivo da oltre quarant'anni è una dichiarazione di fallimento personale.

Ma Massimo D'Alema si ascolta quando parla?

domenica 19 dicembre 2010

Bersani, semplifica il linguaggio

Questo è un appello a Pier Luigi Bersani, e per estensione, a tutto il gruppo dirigente PD: quando parlate in tv o alla radio semplificate il linguaggio. Ancora di più. Molto di più di quanto immaginate necessario.

Dovete distillare i concetti complessi esprimendoli in linguaggio semplice. Ancora più semplice. Quello che pensate essere linguaggio semplice, è ancora troppo complesso.

Parlando tra di voi, quasi tutti anziani professionisti della politica, non ve ne rendete conto, ma tendete a parlare una lingua diversa dal resto d'Italia. E poi quando siete in tv o alla radio, questa lingua vi sembra normale e comprensibile.

Un'espressione figurata apparentemente semplice come piattaforma viene compresa con difficoltà dalle persone istruite, e NON viene compresa da chi ha solo la terza media. Piattaforma è or-ren-do gergo sindacalese: è un termine che, parlando in tv, va evitato come la peste. Ed è uno dei termini più semplici fra quelli che ogni tanto usate.

Quando siete in tv dovete usare parole più chiare e quotidiane. Ad esempio, invece di piattaforma,  usate proposta, o elenco di proposte.

Il motivo: il 30% degli italiani è analfabeta o semi-analfabeta, un ulteriore 30% legge pochissimo o niente, e questo 60% totale si informa esclusivamente dalla tv. Lo dice il linguista ed ex ministro della pubblica istruzione Tullio De Mauro. Chiunque fa politica in Italia dovrebbe stamparsi questi dati e tenerli appesi in ufficio in massima evidenza.

Quindi, qualunque cosa vogliate dire: semplificate, semplificate, semplificate. È molto, molto, molto più importante che resistere, resistere, resistere. Usate parole brevi e di tutti i giorni. Se proprio è indispensabile usare un termine astruso, trovate il modo di spiegarlo.

Con le parole comuni si può dire tutto.

Invece di sottovalutarli, imparate da Berlusconi, Beppe Grillo e Di Pietro, tutti e tre comunicatori estremamente chiari ed efficaci.

martedì 14 dicembre 2010

Lezioni di giornalismo (24) - Millantare esclusive e anticipazioni senza linkare

Il prestigioso quotidiano online La Repubblica, forse per spirito di emulazione di Wikileaks, è in grado di anticipare un documento di Legambiente tranquillamente disponibile in rete. Lo segnala Vibrisse, indicando l'articolo di Repubblica e la pagina di Legambiente. Naturalmente i giornalisti della redazione online di Repubblica non si sognano di mettere un link al sito di Legambiente, secondo una logica editoriale che viene considerata vecchia e superata più o meno dal 1994 ("se metto i link, la gente se ne va dal mio sito, e io non voglio").

lunedì 13 dicembre 2010

Situazione politica: il voto di fiducia a Berlusconi

L'Italia è l'unico paese in cui davanti a un bivio ci sono tre possibilità: il vuoto, il nulla o l'indecisione.

Hillary Clinton sulla libertà di informazione - B.W. (Before Wikileaks)

"L'informazione non è mai stata così libera. Anche nei paesi autoritari i siti di informazione stanno aiutando le persone a scoprire fatti nuovi e a chiedere ai governi di rendere conto delle loro scelte. [Barack Obama] ha difeso il diritto delle persone di accedere liberamente alle informazioni, sottolineando che il flusso libero delle informazioni rende più forti le società. Il presidente ha osservato che l'accesso alle informazioni aiuta i cittadini a responsabilizzare i governi, genera nuove idee e incoraggia la creatività."

Hillary Clinton, 21 gennaio 2010, come riportato da The Guardian, nella traduzione di Internazionale 876, 10 dicembre 2010.

Ultimamente, sia Hillary Clinton che Barack Obama sembrano entrambi un po' meno convinti. La libertà degli altri è faticosa.

Cosa c'è sotto Wikileaks? È la tecnologia, bellezza.

Mi sembra un po' superficiale ridurre tutto a un teaser come scrive qui YouMark in un editoriale di Antonio Pintér. Il caso Wikileaks è anche l'effetto della rivoluzione tecnologica, come l'MP3.

Non fu Napster a creare il fenomeno della condivisione dei file musicali in rete, ma il contrario. Infatti quando le case discografiche hanno fatto causa a Napster e hanno vinto, Napster fu mortalmente ferito, ma il fenomeno della condivisione è rimasto assolutamente vitale e anzi si è diffuso. Le case discografiche hanno dovuto modificare il modello di business.

Alla stessa maniera, anche se tutti i governi del mondo riuscissero a chiudere Wikileaks (possibile) non riusciranno a fermare il fenomeno né gli epigoni (impossibile). Assange non è il genio che sfrutta l'effetto teaser.
E' semplicemente il primo a portare all'attenzione globale la permeabilità delle informazioni anche in ambito diplomatico-governativo.

domenica 12 dicembre 2010

Virtù

Il Papa nella sua omelia elogia la costanza e la pazienza. Della sincerità parlerà un'altra volta.

giovedì 9 dicembre 2010

mercoledì 8 dicembre 2010

Fuoco amico. Le bacchettate a Renzi delle Alte Gerarchie PD

Pier Luigi Bersani ha criticato Matteo Renzi per una questione di galateo: non sta bene andare a trovare il Presidente del Consiglio a casa sua, "la gente potrebbe non capire". A parte che fra uomini politici, alleati e no, è normale incontrarsi anche al ristorante, in albergo o in qualsiasi altro luogo, per garantire la trasparenza dell'incontro è più importante che ci siano testimoni, più che l'ufficialità del luogo. Da notare che in precedenza, durante la trasmissione radiofonica Un giorno da pecora, Anna Finocchiaro ha criticato Renzi perché usare il verbo "rottamare" per delle persone sarebbe da maleducati. Insomma, per il giovane Matteo Renzi bacchettate sulle dita dalle Alte Gerarchie.

Il mio parere di oasservatore esperto di comunicazione (anche se forse non esperto delle finezze bizantine della politica italiana) Matteo Renzi ha criticato Bersani MA ha criticato e attaccato ben di più Berlusconi.

Nonostante sia una promessa del suo partito (o forse proprio per questo), nelle passate settimane Bersani fa il principe offeso e rifiuta di incontrare Renzi.

Berlusconi invece lo invita ad Arcore. Renzi ci va, si presume nella speranza di ottenere un vantaggio per sé, per la città o per il partito. Cosa fa il Cardinal Bersani? Invece di attendere gli eventi e sostenerlo se è il caso (o ridimensionarlo se è il caso, ma a ragion veduta), abbocca come una cernia e critica Renzi, facendo pesare la gerarchia come un cardinale irritato, interrotto nella sua partita a scacchi col demonio.

Sintesi: parafrasando un famoso titolo dell'Economist, Berlusconi è inadatto a governare l'Italia, ma Bersani è inadatto a sfidare Berlusconi.

martedì 7 dicembre 2010

Internet

The answer is blogging in the wind.

I segreti sono antidemocratici.

Dove ci sono i segreti non c'è la democrazia. Anche se in ambiti MOLTO circoscritti può essere giustificato, il segreto è antidemocratico.

Nell'ambito della vita privata è possibile che sia necessario preservare aree di riservatezza: la vita in famiglia non è necessariamente democratica, non in tutti i suoi aspetti. Lo stesso può valere, con limiti più circoscritti, per la vita aziendale che deve comunque, a certe condizioni, essere sempre verificabile dalle autorità pubbliche nell'interesse pubblico.

Ma le autorità pubbliche, proprio per il loro ruolo e la loro responsabilità, devono essere ancora più verificabili di privati, famiglie e aziende.

Nella vita pubblica di un paese democratico, le aree di segretezza devono essere ridotte il più possibile e sempre temporanee. Sia perché la sicurezza per segretezza in genere non funziona o funziona male. Sia perché i diversi contrappesi del potere devono poter esercitare il controllo incrociato fra di loro.

Ad esempio, per venire al caso italiano, è inammissibile e antidemocratico il fatto che il segreto di stato su atti pubblici possa essere mantenuto per più di qualche anno.

lunedì 6 dicembre 2010

In radio e tv troppi giornalisti incompententi e faciloni in materia di Internet

I giornalisti radio e tv che continuano a definire sbrigativamente "un hacker" Julian Assange o sono incompetenti oppure vogliono disinformare. Assange è un editore online o un "editore terrorista" se vuoi darne un giudizio negativo, ma NON è un hacker e, anche se magari può essere definito un criminale, NON è neppure specificamente un "criminale informatico". Hacker letteralmente vuol dire "smanettone". Un computer hacker è un esperto che entra in un sistema informatico aggirandone le protezioni, non sempre con l'intenzione di fare danni, anche se la terminologia più corretta sarebbe computer cracker (da to crack, nel senso di rompere le protezioni).

NON è quello che ha fatto Assange, il quale ha principalmente pubblicato documenti segreti ottenuti da terze persone (che oltretutto, probabilmente avevano legittimo accesso alle reti a cui accedevano e semplicemente non avrebbero potuto divulgare i documenti a cui accedevano).

Alcuni collaboratori di Assange sono sicuramente degli hacker, ma definire Assange sbrigativamente "un hacker" è come definire "un dinamitardo" un fotografo che ha fotografato una bomba.

martedì 30 novembre 2010

Tv ieri e oggi: si stava peggio quando si stava peggio.

In questa trasmissione del 1977 di alto contenuto culturale ci sono Alberto Arbasino, Mario Monicelli e Nanni Moretti.

È interessante vedere come, nonstante i tre mostri sacri, ci siano sempre gli stessi difetti della tv italiana: le persone si parlano sopra, si interrompono, non rispondono alle domande, non lasciano finire di parlare. E se possibile (mi riferisco alla conduzione di Arbasino e alla regia) con ancora minor telegenicità di oggi. Insomma, se un dibattito sull'arte del cinema con tre mostri sacri era così, la tv di una volta non era così migliore di quella di oggi.



mercoledì 24 novembre 2010

Facebook può mettere in pericolo il Web? Rischiamo la "feisbucchizzazione" di Internet?

Secondo Tim Berners-Lee, l'inventore del concetto di World Wide Web, l'emersione di fenomeni come Facebook può mettere in pericolo l'universalità del Web e i vantaggi che ne conseguono (interoperabilità, multiculturalità, resilienza, capillarità e diffusione e, soprattutto, apertura alla sperimentazione).

Effettivamebte Facebook è un fenomeno travolgente nell'ambito della Rete. Già oggi risulta che sui browser degli utenti americani una pagina su cinque proviene da Facebook. Questo significa che un quarto delle pagine visualizzate proviene da un unico dominio, facebook.com.

Facebook inoltre è un assorbitore di dati. Normalmente questo blog dovrebbe generare un certo numero di commenti. Quel che da un paio d'anni succede in molti blog è che il rapporto visitatori/commenti è molto diminuito, perché in genere chi intende commentare invece preferisce condividere il post su Facebook e poi eventualmente commentare lì.

Questo da una parte amplia la visibilità dei siti (qualcuno li vede nelle grandi praterie di Internet, qualcuno li vede nelle condivisioni su Facebook), dall'altra però sottrae interazione: i commenti che verrebbero fatti nel blog vengono invece fatti su Facebook, in n rivoli differenti.

Un altro "fattore Facebook" è il fatto che persone fisiche, piccole associazioni e piccole aziende adesso, invece di creare il proprio sito web, possono crearsi la pagina Facebook (molti sbagliano e addirittura si creano un profilo personale per l'azienda invece di una pagina pubblica...), ottenendo a costo zero una visibilità su internet che non è uguale ma è paragonabile a quella di un blog di un sito web.

Se questa è una grossa facilitazione per chi altrimenti aspetterebbe ancora ad affacciarsi al mondo del marketing online, dall'altra parte assistiamo a una enorme omogeneizzazione della comunicazione online.

Analoghi ragionamenti possono essere fatti a proposito di iTunes, che, pur essendo meno pervasivo di Facebook, per certi versi è ancora di più un giardino cintato all'interno di Internet.

Personalmente non credo che Facebook "assorbirà tutto", ovvero credo che anche Facebook avrà il suo ciclo di crescita, consolidamento e stasi. Però, come in passato è esistito il pericolo di una vittoria finale Microsoft, una vittoria finale di Google e altre possibili "vittorie finali" per la dominazione totale di un mercato o di un ambiente, anche adesso il pericolo esiste. Ed è la la feisbucchizzazione di Internet, in cui le principali decisioni tecniche, tecnologiche e ideologiche vengono decise dalla direzione di Facebook.

martedì 23 novembre 2010

Posta Elettronica Certificata, 6 mesi dopo...

Sei mesi fa scrissi della Posta Elettronica Certificata e, visto che era stato lanciato il servizio pubblico, provai a richiedere una casella senza, apparentemente, ricevere risposta. Naturalmente può darsi che messaggi precedenti mi siano sfuggiti, oppure siano incappati fra le maglie dell'antispam oppure siano rimbalzati per n motivi.
Oggi, a soli sei mesi di distanza, mi arriva una messaggio per attivare il servizio (lo incollo più sotto). Per farlo dovrei recarmi fisicamente presso un vicino ufficio postale con documenti varie per farmi quindi rilasciare il modulo di adesione al servizio stesso.

Domande:
  1. O lenti complicatori degli affari semplici, ma non potevate dirmi dall'inizio che la procedura avrebbe richiesto di recarmi personalmente presso un ufficio postale? 
  2. Se si vuole la posta elettronica certificata ed è necessaria tale procedura, perché attivare la registrazione online, non è meglio (anche per sicurezza) procedere direttamente tramite ufficio postale e basta?
  3. E, in ogni caso, gli uffici postali non sono più capaci di spedire documenti a casa?
  4. Inoltre, se questa particolare casella di posta elettronica certificata deve essere univocamente intestata a un cittadino vivente, non dovrebbero occuparsi della faccenda i comuni di residenza, oppure l'anagrafe fiscale?
  5. Infine, se la casella di posta elettronica certificata pubblica deve essere univocamente intestata a un singolo cittadino, per evitare duplicazioni non basta verificare di assegnare una casella a un codice fiscale?
In tutti i casi, piuttosto che una semplificazione per il cittadino, sembra un'ulteriore infrastruttura, diretta più a semplificare l'amministrazione pubblica che il cittadino visto che, una volta attivata la casella, è l'Amministrazione che ha un comodo canale per assolvere ai suoi doveri di informazione nei confronti del cittadino e non viceversa.

X-Mailer: MIME::Lite 3.021 (F2.6; A2.06)
Date: Mon, 22 Nov 2010 18:30:51 +0100
From:  comunicazioni@XXXXXXX.it
To: XXXXXXXXXXX
 
Subject:  Attivazione servizio PostaCertificat@
Message-Id: 5F5E6813-7XXXX0-BC5F-9FD9-@XXXXXXXX.it
X-Riferimento-Message-ID: <20101XXXXX1273051@XXXXXXXX.it>

Gentile Cliente,

Le ricordiamo che per completare la richiesta di attivazione del servizio PostaCertificat@ e' necessario recarsi presso uno degli uffici postali abilitati presenti su tutto il territorio nazionale. Potra' ricercare direttamente dal sito www.postacertificata.gov.it l'ufficio postale a Lei piu' vicino, dove completare la fase di attivazione del servizio.

Le ricordiamo di portare con se':
- un documento di riconoscimento in corso di validita' ai fini dei controlli visivi condotti dagli operatori degli uffici postali
-  il codice fiscale
- il codice ID fornito al momento della fase di registrazione al servizio condotta sul portale.

Al termine delle operazioni, Le verra' rilasciato il Modulo di Adesione al servizio da lei sottoscritto, nel quale trovera' tutte le informazioni sul servizio.

Per maggiori informazioni sull'attivazione del servizio, la invitiamo a consultare il sito: https://www.postacertificata.gov.it/guida_utente/come-accedere-ai-servizi.dot

domenica 21 novembre 2010

Le favole di Nonno Silvio e Nonno Umberto

Da 15 anni Nonno Silvio promette di abbassare le tasse e non ha abbassato niente. Da 25 anni Nonno Umberto promette il federalismo e ancora non s'è visto niente. Da troppi anni Nonno Silvio e Nonno Umberto raccontano le favole agli italiani.

venerdì 19 novembre 2010

Come falsificare la realtà: "Dall'Odissea al mondo Ikea"

Conosco Davide Pinardi per aver frequentato, anni fa, un suo corso di scrittura creativa che si è rivelato molto utile anche per il mio lavoro. Consiglio chi è a Milano di fare un salto alla presentazione del suo ultimo libro.

Venerdì 26 novembre 2010 alle ore 18
Giovanna Cracco, Giorgio Galli e Walter Pozzi presentano "Narrare - Dall'Odissea al mondo Ikea" di Davide Pinardi (Pagina Uno editore) e ne discutono con l'autore

Libreria Odradek
Via Principe Eugenio 28
20155 Milano
tel. 02 314948

"Un talk-show o una partita di calcio possono essere considerati oggetti narrativi?
You Tube o un centro commerciale possono essere paragonati a Guerra e Pace o alla Divina Commedia?
Secondo Davide Pinardi la risposta è sì.
Infatti la narrazione non si limita alla fiction e alla creazione artistica ma è diventata una delle forme fondamentali di rappresentazione della realtà. E, nel rappresentarla, le sue tecniche vengono utilizzate non di rado per deformare, per falsificare, per distrarre.
Orientarsi tra le maglie della società dello spettacolo è sempre più difficile. E, per capire tanta parte della contemporaneità, occorre riprendere a studiare le regole strutturali della drammaturgia e della letteratura elaborate in secoli di esperienze. Riflettere sul presente guardando al passato.
Per decifrare storytelling, showbusiness e infotaiment, per orientarsi nelle neo-narrazioni della politica, del design e del web, per riconoscere pubblicità virali, seduzioni di massa e finzioni scientifiche bisogna insomma ripartire dalle fondamenta delle cosmologie originarie, dalle parabole religiose, dai classici della letteratura.
Se viviamo in un mondo di narrazioni, è utile studiare le strutture-base del narrare."

mercoledì 10 novembre 2010

Meglio fare e pentirsi, che non fare per aspettare la perfezione

Circola la battuta che la Microsoft non produce nulla di buono prima della versione 3.0. La prima versione di Windows che ebbe un po' di successo commerciale, infatti, fu la 3.1.
Anche la Apple si comporta alla stessa maniera: lancia i prodotti e poi li migliora strada facendo.

Questo non è l'elogio della cialtroneria o dell'improvvisazione (due caratteristiche nelle quali in Italia siamo maestri) bensì è l'elogio del metodo: nessuno, per quanto geniale, può prevedere anticipatamente il reale effetto di un prodotto nell'uso quotidiano da parte di migliaia o milioni di utilizzatori. Per cui, nei tempi definiti per il lancio, mettere un prodotto in mano ai clienti è più importante che offrire loro un prodotto perfetto.

Il valore di chi scrive

In questo post si spiega bene, e in modo visivo, la distribuzione del valore nei Social Network, in base alla regola 1-9-90: lì1% delle persone crea contenuti originali, il 9% li edita, commenta, rielabora e ridistribuisce, il 90% ne fruisce.
La situazione reale, naturalmente, è più fluida e meno statica di come appare in questa piramide, perché coloro che sono "creatori" in un ambiente possono essere "editori" o semplice "pubblico" in un altro.
Però chi parla su Internet ha sempre un impatto, piccolissimo o grande che sia. Su Internet la legge dei grandi numeri vale ancora, ma vale altrettanto l'accumulazione quotidiana di piccoli numeri.

giovedì 4 novembre 2010

Twitter e Facebook non fanno la rivoluzione

Sono un entusiasta di Twitter e penso che sia potentissimo per condividere le informazioni. Allo stesso modo considero Facebook un ambiente molto interessante per condividere amicizie e anche per collaborare e lavorare (anche se molte aziende tendono a vederslo solo come una potenziale perdita di tempo). Però, sulla scorta di 16 anni di esperienza su Internet e quasi venti di esperienza online, mi trovo a condividere, mio malgrado, il contenuto di questo articolo del New Yorker: La rivoluzione non passa da Twitter.

In sintesi esistono almeno due tipi di legami; i legami forti e i legami deboli. I social network facilitano enormemente i legami deboli, a rete. I quali, passata la sorpresa del primo impatto, probabilmente rendono pià fluido ed efficiente lo status quo, piuttosto che metterlo in dubbio. Per attività di forte impatto sociale, dall'attivismo politico alla rivoluzione, occorrono invece legami forti, integrando i legami a rete con una gerarchia decisionale che si prenda la responsabilità della leadership. E talvolta anche abnegazione e coraggio fisico. Da prendere il treno per partecipare a un convegno fino a rischiare le manganellate a un sit in, qualcosa di più di cliccare un bottone, modificare un avatar, firmare una petizione online.

Conclusione: Internet non è rivoluzionario, al massimo è evoluzionario. Sempre ammesso che non si trovi il modo di utilizzarne la potenza per un controllo sociale sempre maggiore, rendendo lo strumento addirittura anti-rivolusionario.

Chissà. Il pericolo esiste.

Sintesi

La sintesi è questa: Silvio Berlusconi è il più grande piccolo borghese del mondo.

domenica 31 ottobre 2010

Anatomia della Social Card

La semi-dimenticata "Social Card", definita più sobriamente Carta Acquisti dal Ministero delle Finanze, è un buon esempio di iniziativa sociale ad alto contenuto propagandistico. Lanciata con grande battage nel 2008, ha queste caratteristiche dal punto di vista mediatico:
  • Si presta a una comunicazione facile e comprensibile: "uno strumento per aiutare i poveri"
  • È marchiata "MasterCard" e "Poste Italiane"
  • È accessibile solo su richiesta e solo da una piccola parte della popolazione: pensionati ultrasessantacinquenni al di sotto di una certa fasca di reddito e bambini inferiori a tre anni con genitori al di sotto di una certa fascia di reddito. Quindi i costi effettivi dell'operazione sono inferiori a quelli dell'apparente vantaggio sociale
  • Comporta costi di gestione che vanno a favore di due entità importanti: la rete interbancaria e le poste.
In pratica la grande visibilità in occasione del lancio dello strumento, unita alla relativa difficoltà di ottenerla, rende la Social Card un eccellente spot pubblicitario per il circuito Master Card e per le attività finanziarie di Poste Italiane unito al finanziamento dei costi di gestione relativamente bassi. Infatti, almeno nel caso dei pensionati ultrasessantacinquenni, esisteva un'alternativa semplice e pratica per dar loro 40 euro al mese, senza i costi di gestione di una "carta acquisti": aumentare semplicemente la pensione.

Come nel caso degli incentivi per il digitale terrestre, grande fanfare e finanziamenti pubblici con ricaduta di vantaggi pubblicitari, propagandistici e operativi per alcuni operatori privati o semipubblici.

giovedì 28 ottobre 2010

Pensioni dei precari: Paolo Attivissimo sbaglia bersaglio ma si corregge

Paolo Attivissimo in questo post "caccia-bufale" tratta da presunta bufala la notizia che l'Inps non divulga le simulazioni delle pensioni dei precari, ma poi si corregge.

Qui il post originale di Paolo Attivissimo (con commenti e doverose correzioni).

Qui la rettifica di Acta, con le controargomentazioni che rettificano il post di Attivissimo.

A differenza di grandi testate italiane, dal TG1 alla Repubblica, al Corriere della Sera e altri, Paolo Attivissimo in genere si informa con grande attenzione, verifica sempre e quando le informazioni che pubblica devono essere rettificate (tutti possono sbagliare) le rettifica volentieri con la collaborazione di tutti. Inoltre Paolo Attivissimo, a differenza delle grandi testate ancora indietro nella comprensione delle dinamiche in rete, pubblica i link e consente i commenti sia nel suo blog, sia nella sua rubrica per Wired. Una lezione per molti grandi direttori italiani di quotidiani nazionali cartacei e televisivi.

mercoledì 27 ottobre 2010

Lezioni di giornalismo (23) - Se sei molto potente fai la vittima

Se sei il direttore del giornale di proprietà della famiglia di un Presidente del Consiglio, lamentati di essere abbandonato a te stesso, senza appoggi e senza potere:

"Ho visto Annozero giovedì scorso e c'era un giornalista che si chiama Paragone che tutti conoscete. È stato trattato come un idiota... ed è venuto fuori proprio così, poveraccio. Perché c'era una congiura ambientale nei suoi confronti, e c'è una congiura ambientale che colpisce tutti noi, che siamo anche stupidi. Non avendo nessun appoggio... per esempio, un partito, ne cito uno a caso, il Pdl... Essendo completamente abbandonati a noi stessi, anche dal Pdl, non siamo in grado di organizzarci. Ma come mai noi non ce la facciamo a conquistare quei margini di libertà, che è anche soperchieria nei confronti degli altri? Perché siamo soli, abbandonati a noi stessi. L'impressione è che a voi, a voi dei giornalisti di destra non ve ne freghi niente, perché preferite Ezio Mauro. E allora teneteveli, teneteveli tutti. O ci aiutate e noi aiuteremo voi a essere più liberi altrimenti siamo fottuti."

Testuali parole di Vittorio Feltri a un dibattito sulla Libertà di stampa, presenti il Ministro Bondi, il Sottosegretario Santanché, il ministro La Russa, il ministro Brunetta, il direttore del TG1 Augusto Minzolini e il direttore di Libero Maurizio Belpietro. Qui sotto il filmato.

lunedì 25 ottobre 2010

domenica 24 ottobre 2010

La pubblicità è l'anima della politica italiana

La distorsione del mercato pubblicitario italiano è il fattore che sta alla base del potere di Silvio Berlusconi. Il confronto fra i dati di  Libero e del Fatto Quotidiano (vendite e pubblicità) chiarisce bene come funziona il meccanismo. Infatti, di chi è la Concessionaria che fornisce di pubblicità sia Libero sia il Giornale? Di Daniela Santanché, sottosegretario, parlamentare e collaboratrice di Silvio Berlusconi, in un'ennesima variante del conflitto di interessi fra politica e controllo dei media.

Purtroppo, si tratta di un problema che pochi hanno compreso e che è molto difficile da spiegare al pubblico televisivo.

venerdì 22 ottobre 2010

Lezioni di giornalismo (22) - Perché i giornalisti hanno paura del Web

Perché i giornalisti italiani (e i loro editori) in genere hanno paura del Web? Perché può capitare che qualcuno scriva un articolo come questo (tutto senza un singolo link e senza possibilità di commento) e qualcuno più esperto sul tema di cui parlano scriva un post come questo.

martedì 19 ottobre 2010

Tempus fugit

Per dimostrare come cambiano i tempi, ecco 13 annunci pubblicitari d'epoca che oggi non potrebbero uscire, oppure sarebbero impensabili, o scatenerebbero tante polemiche da dover essere ritirati subito. Quello che vediamo qui è assolutamente il più blando e meno controverso.

lunedì 18 ottobre 2010

Il ritorno della tv generalista (ma senza fermare la crescita dei social network)

Per anni avevo previsto un ridimensionamento della tv generalista il cui pubblico, soprattutto in Italia, continua a invecchiare. Nel lungo periodo magari può essere ancora vero, anche per probabile convergenza tecnologica delle reti, però la tendenza attuale sembra essere questa: TV per l'immagine di marca (branding); Web e social network per passaparola e fidelizzazione; ridimensionamento della stampa che perde copie e investimenti.
In pratica, il classico spot da 30 e da 60" ha ancora una lunga vita davanti a sé, mentre però nel frattempo si sviluppano ulteriormente gli usi per il marketing di Internet e Social Network.

Se la pensi diversamente, commenta e aggiungi il tuo punto di vista.

martedì 28 settembre 2010

Lezioni di giornalismo (20) - Gli errori esistono. Le rettifiche servono per questo

Quando hai occasione di rettificare una notizia sbagliata, rettificala invece di chiedere in modo petulante le scuse.

In questo filmato un giornalista del Fatto Quotidiano chiede una dichiarazione al direttore del TG1 Augusto Minzolini. Questo rifiuta di parlare con il giornalista perché il Fatto Quotidiano sarebbe "colpevole" di avere pubblicato una notizia sbagliata sul suo conto.
L'atteggiamento di Augusto Minzolini è poco comprensibile. È stato offeso dalla testata rappresentata dal giornalista e, considerandola un unicum solidale, esige le scuse dal giornalista, il quale giustamente gli fa osservare che, se il Fatto ha pubblicato una notizia sbagliata, questa è l'occasione giusta per rettificare.

Qui Augusto Minzolini esibisce una concezione antiquata e gerarchica dell'informazione: nella conversazione digitale, estremamente fluida, gli errori si rettificano. Nell'informazione cartacea tradizionale, più rigida, si procede per querele e si esigono le smentite.
Il risultato è che l'atteggiamento di Augusto Minzolini, che forse cinquant'anni fa avrebbe potuto essere giustificato, oggi risulta arrogante e padronale: tu che non sei mio pari e rappresenti una testata "nuova" e "nemica" devi scusarti con me per un errore del tuo "padrone" altrimenti non ti parlo. Inoltre tale atteggiamento una volta sarebbe rimasto confinato nei ricordi degli astanti, oggi invece viene facilmente documentato online.

Il TG1 d'altra parte è estremamente in ritardo nella sua presenza online e infatti ad oggi il suo profilo su Twitter ha solo 112 follower, una cifra ridicola per l'importanza della testata, laddove le testate straniere hanno scoperto l'importanza di Twitter per l'informazione in tempo reale da anni, a cominciare dalla CNN, che nel profilo CNN breaking news ad oggi di follower ne ha 3,4 milioni, su 100 milioni di utenti Twitter.

giovedì 23 settembre 2010

Libri o dentifrici? L'editore e il suo marketing (con Einaudi, Feltrinelli, Eco)

Un servizio della trasmissione tv L'Approdo segnalato da Vibrisse, sull'industria editoriale italiana e il suo marketing negli anni sessanta. Il servizio è molto interessante per tre motivi:
  • Documenta la consapevolezza del marketing editoriale italiano degli anni sessanta;
  • Documenta anche alcune delle sue ingenuità, ad esempio il timore dei piccoli editori rispetto alla presunta potenza dei grandi editori, i quali a loro volta minimizzano le loro capacità di investimento pubblicitario;
  • Riporta testimonianze di personaggi come Giulio Einaudi, Geno Pampaloni, Giangiacomo Feltrinelli, Valentino Bombiani e un giovane professor Umberto Eco.
Rispetto alla testimonianza di Giangiacomo Feltrinelli, è interessante notare questo: mentre nel caso del marketing editoriale pensava che non fosse possibile imporre al pubblico libri che questo non desiderava, qualche anno dopo morì misteriosamente sotto un traliccio innescando una bomba che avrebbe dovuto contribuire a indurre il pubblico alla rivoluzione, un'iniziativa certamente più impegnativa di comprare un libro.

Gli intervistati facevano parte delle case editrici Bompiani, Einaudi, Feltrinelli, Mondadori, Vallecchi, UTET.

mercoledì 15 settembre 2010

I 10 filmati virali più visti di tutti i tempi (per ora)

Advertising Age online classifica i dieci filmati virali più visti di tutti i tempi (per ora, visto che l'era dei filmati virali ha al massimo 10 anni...). Grazie a Roberto Venturini per la segnalazione.

Il primo in classifica, con un distacco di trenta milioni di visualizzazioni dal secondo, è un filmato autoprodotto. Il quarto, per contrasto, è un vero e proprio kolossal, anche se qualche migliaio di comparse sono sicuramente state digitalizzate.

I dati aggregano le diverse visioni su YouTube, altri siti di filmati online, social network ecc. Non comprendono eventuali visioni da inserzioni a pagamento, siti privati, trailer, videogiochi ecc. Si tratta quindi di misure indicative della reale diffusione del filmato, ma che non comprendono tutte le fonti possibili.

mercoledì 8 settembre 2010

Un paese sub-normale

In un paese normale di solito chi ottiene grandi ascolti televisivi e genera fatturato pubblicitario ottiene più risorse per fare le sue trasmissioni. Non succede in Italia, dove le trasmissioni tv scomode per il governo vengono emarginate, perché l'Italia è un paese sub-normale. Nel senso che è al di sotto di tutti gli standard europei: istruzione, libertà di stampa, lettura di libri e giornali, percentuale di laureati.

sabato 28 agosto 2010

Lezioni di giornalismo (19) - Esagerare e mai documentarsi: non serve

Il Giornale riprende una notizia apparsa sul Times, relativa al fatto che il Pilates, secondo recenti ricerche, non sarebbe una panacea contro tutti i mali. (Premetto che, oltre a scrivere, faccio anche l'insegnante di Yoga, che ho insegnato sia in palestra sia in scuola di danza, e che non ho alcun interesse per il Pilates, il quale può essere persino considerato una sorta di concorrente dello Yoga. Qui c'è il mio blog sullo Yoga.)

Ciononostante, l'articolo è totalmente superficiale e disinformato, laddove bastava qualche ricerca su Internet per saperne di più:
  1. La foto rappresenta una posizione yoga per allievi molto progrediti che NON c'entra niente con il Pilates. Sarebbe come se, parlando di presunti difetti di un modello d'auto, l'articolo venisse illustrato con la foto di una motocicletta.
  2. Joseph Pilates nel 1920 NON era un celebre trainer, almeno non secondo il significato moderno, visto che in quegli anni lavorava in Germania e faceva da istruttore per la polizia, trasferendosi negli Usa nel 1925 per problemi politici. Sviluppò il suo sistema per mantenersi in forma durante un periodo di prigionia (era ufficiale nella I Guerra Mondiale) e per compensare suoi problemi fisici personali. Lo fece divenire un'attività professionale e commerciale negli Stati Uniti, dopo il 1925, appunto.
  3. Il sistema originale di Joseph Pilates prevede sia una serie di esercizi a corpo libero o con piccoli attrezzi, sia una serie di esercizi da eseguire con speciali macchinari. Gli esercizi del secondo tipo sono più spiccatamente terapeutici e nel sistema Pilates richiedono l'assistenza di un istruttore esperto, in genere in lezioni individuali. Gli esercizi a corpo libero vengono invece insegnati in lezioni di gruppo. Oggi esistono diversi stili di Pilates, messi a punto o commercializzati da allievi di Joseph Pilates (Stott Pilates, Winsor Pilates, e così via). Mettere tutto nello stesso calderone per dire "non serve a nulla" è come dire che le medicine non servono a nulla perché è stato documentato che l'aspirina non cura il cancro.
  4. Il fatto che il Pilates a corpo libero non sia molto meglio di una camminata veloce depone a favore della camminata ma NON è una particolare critica del Pilates. Analoghe osservazioni si possono fare su molti sport, senza poi contare le possibilità di critica di sport asimmetrici e quindi dannosi se praticati senza correttivi, come il tennis, il tiro con l'arco, il bowling, ecc. Inoltre, se uno sport "non servisse a nulla" solo perché non è molto meglio di una camminata veloce (un'attività sportiva di tutto rispetto e non banale, tra l'altro), allora che dire degli sport ad alto rischio di infortunio?
  5. Come al solito nei siti dei quotidiani dell'era cartacea, l'articolo a cui si fa riferimento non viene linkato, inoltre cercando "Pilates" nel sito del Times Online non si trova nulla che sembri essere l'articolo in questione. Non è possibile approfondire ulteriormente perché alcuni articoli del Times (ad esempio quello intitolato "Health: Pilates" di Matt Gilbert) sono leggibili a pagamento e i geni del marketing online del Times non hanno pensato di rendere disponibile neppure un riassunto (cerco un articolo specifico e devo pagare per leggere senza nemmeno sapere se è l'articolo giusto?).
  6. Scorrendo i commenti all'articolo del Giornale ben quattro lettori su cinque contestano in modo circostanziato quanto affermato nell'articolo. Anche qui, trattandosi del sito di un "quotidiano nazionale" dell'era cartacea, l'incompetente autrice dell'articolo (incompetente in tema di sport, Pilates e fitness, beninteso) non risponde ai commenti, non rettifica, non aggiusta il tiro, non entra in relazione con i suoi lettori.
Insomma, un articolo superficiale e disinformato basato su una NON notizia ("il Pilates non è la panacea"... Grazie, lo sapevamo) che viene trasformata in uno "skup" esagerando il titolo: "Il Pilates non serve a nulla". Neanche articoli e giornalisti come questi.

domenica 22 agosto 2010

Lezioni di giornalismo (18) - La pubblicità è l'anima del giornalismo

Ecco un'analisi sommaria ma utile dei bilanci di "Libero" e del "Giornale" che dimostra come la capacità di influenzare e dirigere gli investimenti pubblicitari in Italia può essere determinante per la vita di una testata in perdita. Sia Libero che Il Giornale sono da anni in passivo. Vengono tenuti in piedi dai soldi dei loro editori, che vi investono a fondo perduto, e dall'aiuto di concessionarie pubblicitarie compiacenti, in una situazione politica di conflitto di interessi che in altri paesi porterebbe uomini politici e imprenditori prima alle dimissioni e in certi casi anche in galera (il fratello di uno degli editori è l'attuale primo ministro italiano; la concessionaria di entrambe le testate è di proprietà di un sottosegretario del governo; l'attuale primo ministro è proprietario di concessionari pubblicitarie che influenzano, direttamente, almeno il 40% del mercato pubblicitario italiano).

Molte altre testate d'informazione, in Italia, sono in situazioni analoghe: fallimentari dal punto di vista finanziario, ma comunque utili dal punto di vista politico. Anche testate vicine al centro e alla sinistra, più in passato che adesso bisogna dire, hanno goduto della mano caritatevole di investimenti pubblicitari compiacenti.

sabato 21 agosto 2010

La teoria del caos

In un sistema complesso, qualunque cosa succeda, si può trovare una farfalla a cui darne la colpa.

domenica 15 agosto 2010

Lezioni di giornalismo (17) Come gonfiare una cucina

Oggi, stando al servizio passato ieri a Studioaperto su Italia 1, avrebbe dovuto essere il giorno delle prove schiaccianti nei confronti di Gianfranco Fini e le sue malefatte immobiliari a Montecarlo. Il Giornale, quotidiano di proprietà di Paolo Berlusconi, house organ di Mediaset e in pratica quotidiano di partito del PDL, avrebbe infatti dovuto pubblicare i documenti che provavano in modo schiacciante l'uso dell'appartamento da parte di Gianfranco Fini e della sua convivente. Le prove si riducono alla fattura di una cucina Scavolini acquistata a Roma (700 km da Montecarlo) e probabilmente troppo grande per l'appartamento monegasco...

Ci si potrebbe domandare, ma Vittorio Feltri e i giornalisti professionisti iscritti all'albo suoi collaboratori vengono pagati centinaia di migliaia di euro all'anno per questo?

In realtà il meccanismo è il seguente: se la notizia, vera, falsa o verosimile che sia, viene ripresa dalle testate televisive, in ogni caso lascia una traccia nella memoria dell'enorme numero di italiani che si informa esclusivamente attraverso la televisione e attraverso il passaparola nei negozi e in condominio. Purtroppo questi italiani ignoranti e inconsapevoli (nel senso etimologico e letterale dei due termini) oggi rappresentano circa il 60% della popolazione, in una situazione di particolare arretratezza rispetto al resto d'Europa. Non tutti si bevono tutto quello che passa in tv. Ma molti sì.

sabato 31 luglio 2010

Il bilancio 2009 del Sindacato Miliardari

Guido Scorza analizza qui il bilancio 2009 e la relazione del Presidente della Siae, Società Italiana Autori ed Editori, il Sindacato Miliardari che tutela prima di tutto e principalmente i grandi editori e i grandi autori del sistema televisivo-multimediale italiano.

giovedì 29 luglio 2010

La rivoluzione è un processo, non è più un'idea

Con centinaia di milioni di persone in grado ormai di fare produzione video e di produrre contenuti di ogni genere, è ormai quasi impossibile essere originali. Qualunque cosa, probabilmente, è già stata scritta, rappresentata o filmata anche da altri. Quindi la comunicazione, come sa da tempo chi si occupa di Internet, diventa la capacità di sostenere la conversazione, non l'idea che spacca. Molti pubblicitari pensano invece ancora in termini di trovare l'idea che spacca e fa la rivoluzione. La rivoluzione è un processo, non è più un'idea.

mercoledì 28 luglio 2010

Lezioni di giornalismo (16) - Confondere i dati, arruffare le metafore

Titolo malandrino e metafore arruffate in questo articolo di Repubblica dove vengono riportati i risultati di un sondaggio che riguarda Nichi Vendola e Pier Luigi Bersani (che, com'è caratteristico della superficialità giornalistica italiana, non viene mai nominato per nome e cognome ma solo per cognome, e non viene mai qualificato come Segretario del Partito Democratico ma più genericamente come leader democratico). A un certo punto il giornalista scrive "Ribaltando l'esito della domanda sulla fiducia, gli elettori di centrosinistra puntano sia sulle primarie che nella sfida con Berlusconi sul governatore. Che supera Bersani di due lunghezze (51% a 49%) in caso di primarie".
Per enfatizzare l'esito della domanda, prima questo viene ribaltato, poi il "vincitore" supera l'avversario di una misura clamorosa: "due lunghezze". Due lunghezze de che? L'espressione viene dalle corse dei cavalli, in cui, quando il cavallo vincitore supera il secondo per l'intera lunghezza del corpo, si dice "una lunghezza". Due lunghezze, nelle corse ippiche sono una dimostrazione di netta superiorità del vincitore.
Ma qui si parla di due punti percentuali di differenza! In un sondaggio, un risultato di 49 a 51 significa sostanziale parità, e in quel caso la differenza di due punti percentuali rientra nel possibile errore statistico, per cui in caso di voto vero, il responso delle urne potrebbe essere qualsiasi risultato fra il 48 e il 52% per l'uno o per l'altro. Infatti è noto che, nei sondaggi, le forze minori vengono sempre sottorappresentate: perché non è possibile avere risultati attendibili a livello di punto percentuale, a meno di non interrogare campioni estremamente ampi.
Ultima osservazione: in un sondaggio in cui Bersani esce quasi sempre meglio (fiducia, elettori, ecc), il titolista cerca la notizia col lanternino: "Centrosinistra, Vendola batte Bersani ma è alta la fiducia nel segretario". Insomma, nessuna notizia, un sondaggio che non rivela nulla di nuovo. E al lettore vengono fornite, invece di interpretazioni, manipolazioni.

martedì 6 luglio 2010

Email marketing: la situazione italiana

La situazione dell'e-mail marketing in Italia secondo Roberto Ghislandi, uno dei maggiori esperti italiani sul tema. Per l'inquadramento della situazione italiana, la lettura è utile a tutti coloro che si occupano di marketing online, ma anche a chi si occupa genericamente di comunicazione, come giornalisti, addetti di uffici stampa e responsabili di pubbliche relazioni. L'invio di comunicati stampa e periodici digitali cos'è se non una forma di email marketing?

lunedì 5 luglio 2010

Lezioni di giornalismo (15) - Professionisti e dilettanti

Guido Scorza analizza qui un caso in cui un'agenzia di stampa e grandi testate nazionali prendono una cantonata, mentre un gruppo di blogger rettificano l'errore*.
Ovviamente tutti possono sbagliare, tanto i quotidiani nazionali quanto i blogger. La differenza è che i secondi sono spesso più abituati a correggere e rettificare. I primi invece spesso fingono di essere infallibili.

* (Nota: gruppo è un nome collettivo: può concordare sia col verbo al singolare, sia con il verbo al plurale; se "suona male" in un modo oppure nell'altro è questione di gusto o di stile personale, ma non è un errore).

sabato 3 luglio 2010

La libertà dei servi

http://www.gazeco.it/recensioni-libri/559-maurizio-viroli-la-liberta-dei-servi

lunedì 28 giugno 2010

Shakespeare a Viareggio

William Shakespeare, utilizzando spesso materiale di seconda mano, trame già viste e personaggi concepiti originalmente da autori precedenti, è diventato probabilmente il più grande scrittore del mondo, dimostrando che l'originalità dell'idea non sempre vale quanto dialoghi, trattamento, psicologia e complessità dei personaggi.

Tanto per dire quanto può valere uno scrittore per il suo paese, libri, dvd, rappresentazioni teatrali, turismo culturale e tutto l'indotto scespiriano valgono per la Gran Bretagna circa l'1% del prodotto interno lordo. Alla faccia dei retrogradi che pensano al pil solo in termini di acciaierie e industrie automobilistiche.

E il tutto con testi che sono di pubblico dominio da almeno 350 anni.

Per aggiudicarsi una piccola fettina di questa torta, a Viareggio si tiene la sesta edizione dello Shakespeare Festival, dall'8 luglio al 5 agosto 2010, con spettacoli in italiano e in inglese. Il luogo è Villa Borbone, sul viale dei Tigli, a metà strada circa fra Viareggio e Torre del Lago. Il programma dello Shakespeare Festival 2010 è qui.

sabato 26 giugno 2010

Occhio allo spot... ma l'agenda la detta l'informazione

Qui si fa una giusta critica di comunicazioni pubblicitarie sessiste, ricche di immagini ammiccanti, soft-porno e non lusinghiere nei confronti della figura sociale della donna. Occorre però fare un paio di osservazioni:

1. NON è vero che la pubblicità sia all'avanguardia dell'osceno: in fatto di soft-pornografia la pubblicità è al rimorchio di stampa e tv generalista: infatti sin dagli anni 80 le copertine di Panorama erano ben più esplicite di questa campagna stampa. Per non parlare di quel che si vede in TV nelle reti "per famiglie". Sono TV e informazione che dettano l'agenda, cercando spesso il minimo comun denominatore per raggiungere il pubblico più ampio, ovvero sesso, pettegolezzi e violenza.

2. Occorrerebbe inserire nel curriculum scolastico anche la "comprensione e decodifica dei Media", a partire dalle scuole elementari.
L'informazione è spesso più ingannevole della pubblicità tradizionale che, almeno, ha il pregio di essere esplicita e di avere un committente chiaramente identificato. Di fronte alla pubblicità solo i più ingenui non si rendono conto che è un messaggio di parte e quindi va sempre esaminato criticamente. Di fronte ai Telegiornali moltissimi spettatori sono totalmente indifesi.

venerdì 25 giugno 2010

I governi luddisti dell'Italia in ritardo

Questo articolo conferma qualcosa che, chi si occupa di Internet da anni ha già capito da tempo: in Italia il governo ostacola lo sviluppo della rete. L'atteggiamento è bipartisan. I governi Berlusconi ostacolano attivamente la rete, mentre i governi Prodi si sono limitati a non favorirla. Ecco i fatti:
  1. Il decreto Pisanu, con la scusa dell'antiterrorismo, dal 1992 rende difficile e in certi casi quasi impossibile la diffusione delle reti wireless aperte o facilmente accessibili. (il decreto obbliga a registrare ogni utente, conservando la fotocopia della carta d'identità: si tratta di un provvedimento unico in Europa)
  2. Le società telefoniche sono co-interessate a rallentare il wireless e la diffusione degli Internet point a facile accesso, perché in questo modo possono vendere "chiavette" e smartphone per l'accesso Internet mobile, che in Italia infatti sono particolarmente diffuse soprattutto fra l'utenza professionale, con costi elevati per tutti.
  3. Le tariffe telefoniche e di connettività (come da antica tradizione italiana, risalente ancora al fascismo e ai "telefoni bianchi") sono mediamente fra le più alte d'Europa, e nessuna politica viene fatta per incoraggiare l'installazione delle ADSL domestiche.
  4. Persino la banda wireless per l'Internet Mobile (le "chiavette" del punto 2) viene contingentata per favorire le emittenti televisive e il digitale terrestre (come illustra, appunto, l'articolo citato).
E' inoltre motivo di preoccupazione per il futuro sviluppo dell'Italia il fatto che i maggiori partiti e leader politici italiani NON abbiano una adeguata confidenza con la Rete, con l'eccezione di Antonio Di Pietro e di Nichi Vendola.

venerdì 18 giugno 2010

Pubblicità ingannevole da parte della Rai?

Secondo Altroconsumo e altri, gli spot Rai che parlano di "Tifo libero", sarebbero ingannevoli. Non è vero infatti che i Campionati Mondiali di Calcio vengono offerti gratuitamente dalla Rai al suo pubblico, sia perché le partite diffuse sono solo alcune e non tutte, sia perché il servizio è offerto solo via digitale terrestre.
E, infine, perché la Rai viene finanziata dai cittadini -- compresi quelli che non la guardano, non la ricevono o, secondo alcune interpretazioni all'interno di un autentico caos normativo, compresi quelli che non hanno la tv ma dispongono di accesso a Internet -- con il canone e, quando questo non basta, con le tasse generali, da cui viene attinto per ripianare il deficit dell'azienda.

Legge bavaglio, scenari e contromosse per i blogger

La cosiddetta Legge Bavaglio, il disegno di legge anti-intercettazioni che in questi giorni sta avendo fortunatamente qualche ostacolo alla Camera, comporta rischi e problemi per chi gestisce blog e siti Web in Italia. Ecco alcuni scenari possibili a cura di Nazione Indiana e, in questo articolo di Guido Scorza, il suggerimento per una soluzione di tipo automatico (un link oppure un widget per consentire a chi desidera una rettifica di pubblicarsela in automatico).

mercoledì 16 giugno 2010

martedì 15 giugno 2010

Scrittori in causa

Una nuova iniziativa che riguarda chi scrive per professione ed è interessato alle problematiche legali, retributive e contrattuali che riguardano questa attività fondamentale per la vita moderna.

giovedì 27 maggio 2010

Trenitalia non delude mai

Il treno delle 6.27 da Viareggio per Milano oggi si interrrompe a Pontremoli, per problemi alla linea. Naturalmente in stazione nessun avviso per i passeggeri, nessuna informazione su come comportarsi per andare a Milano visto che la linea che attraversa l'Appennino è interrotta. Solo l'enigmatico annuncio automatico "È in arrivo il treno 2036 delle ore 6.27 diretto a Pontremoli"... perché Pontremoli e non Milano, com'è scritto sul biglietto? E chi deve andare oltre Pontremoli cosa fa? Adesso che ci sono gli antipatici altoparlanti con la voce automatica, i capistazione non sono più capaci di dare un avviso a voce per informare i passeggeri?

Informare i viaggiatori è sempre l'ultima priorità di Trenitalia che incassa in anticipo i soldi dei biglietti ma non considera un suo impegno trasportare puntualmente e confortevolmente i passeggeri. E nel 2010 non ha ancora scoperto che l'informazione e la comunicazione fa parte del servizio ai clienti.

Naturalmente, nessun avviso neanche sul sito, dove, per scoprire qualcosa occorrono innumerevoli clic (home page sito istituzionale> news > news regionali > guarda la Toscana> poi guarda l'Emilia Romagna > poi clicca sulle diverse sottosezioni), per non scoprire nulla.

martedì 25 maggio 2010

Perché la Posta Elettronica Certificata (PEC) è una bufala

La Posta Elettronica Certificata è una bufala spacciata per innovazione. Meno fallimentare di Italia.it, il megaportale pseudoturistico bipartisan costruito anni fa e ricostruito in qualche maniera recentemente, è una delle tante pseudoinnovazioni (come l'F24 telematico) che fingendo di semplificare la vita al cittadino, cercano casomai di semplificarla alla Pubblica Amministrazione.
  1. Tanto per cominciare serve solo per comunicare con la Pubblica Amministrazione. Il governo con tanta fanfara ti offre una casella di Posta Elettronica Certificata, e poi scopri che è una casella incompleta: ufficialmente per non fare concorrenza ai fornitori privati, non può essere utilizzata per mandare "raccomandate digitali" al proprio commercialista, avvocato o amministratore del condominio. Serve solo per comunicare con gli enti pubblici.
  2. Inoltre c'è il trucco: se la usi UNA volta per comunicare con la Pubblica Amministrazione, da quel momento in poi la Pubblica Amministrazione ha facoltà di usare solo quel canale per comunicare con te, con l'aggravante che, una volta che la comunicazione viene depositata nella TUA casella, questa viene considerata RICEVUTA. Anche se non scarichi mai la posta, se sei in vacanza, se hai dimenticato la password, se ti sei dimenticato di aver aperto la casella per curiosità, se nel frattempo sei morto e i tuoi eredi non hanno l'accesso alla casella.
  3. Infine, è una complicazione abbastanza inutile, la tipica complicazione all'italiana, come dimostra in questo post Guido Scorza: ad esempio in Francia quando vuoi comunicare con un funzionario pubblico, semplicemente cerchi tutti i suoi recapiti, fra cui l'e-mail, e se gli vuoi mandare un messaggio gli puoi scrivere con la normale posta elettronica, senza dover necessariamente attivare una casella ad hoc dalla tecnologia particolare. In Italia non solo è molto difficile trovare nomi e recapiti dei funzionari pubblici, ma questi hanno ancora la mentalità per cui "non sono tenuti a rispondere al telefono". Per cui, prima o poi, il cittadino diventerà "tenuto" ad armarsi di Posta Elettronica Certificata per semplificare la vita ai funzionari. Da notare che in nessun paese europeo esiste uno strumento analogo.
Insomma la Posta Elettronica Certificata è l'ennesimo prodotto dell'Ucas, Ufficio Complicazione Affari Semplici, uno dei dipartimenti più produttivi della Pubblica Amministrazione Italiana.

sabato 1 maggio 2010

"Il Fatto" e "il Manifesto": utili per il primo, solidarismo per il secondo

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato nella sua edizione cartacea del primo maggio i risultati del suo bilancio 2009. In soli tre mesi di attività ha generato utili per circa due milioni di euro. Di questi una quota sarà distribuita agli azionisti, e una quota analoga andrà ad aumentare il capitale sociale.

Il caso del Fatto Quotidiano dimostra che è possibile fare informazione indipendente senza necessariamente contare su sovvenzioni pubbliche, e senza dover contare su padrini pubblicitari (molte testate italiane vivono anche grazie a una combinazione di fondi pubblici e di contratti compiacenti di concessionare pubblicitarie amiche).

Invece di invocare con riflesso condizionato le provvigioni per la stampa "a difesa del pluralismo" e il solidarismo dei lettori ogni due o tre anni, Il Manifesto fa bene a studiarsi la lezione, così come, da diversi anni, avrebbe dovuto studiare con attenzione anche gli aspetti di marketing dei casi di Radio Popolare e del blog di Beppe Grillo.

Infine, è assurdo che in Italia i quotidiani vengano finanziati con soldi pubblici, col risultato che i finanziamenti pubblici aumentano gli utili delle testate commerciali e consentono di vivacchiare testate che non hanno mercato a parte l'autorefenzialità politica (e mi riferisco a diverse testate di partito o pseudo-tali).

mercoledì 28 aprile 2010

Idea: tassare la bicicletta per sovvenzionare l'auto...

Il presidente della Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali) propone una tassa sull'uso di Internet per sostenere l'editoria tradizionale in crisi.
La ragione della proposta Fieg sarebbe compensare in parte chi produce i contenuti che vengono letti online. Ma che logica è? Cosa danno i giornali di carta a Internet? Chi obbliga la Repubblica o il Corriere a realizzare dei siti online che peraltro spesso non seguono le logiche di internet? (non linkano, raramente correggono gli errori, generalmente tengono a distanza i lettori). I giornali tradizionali spesso si sono affacciati a Internet di mala voglia, riciclando contenuti prodotti e già pagati altrove, cercando di imporre modelli monopolistici o esclusivi, in certi casi anche diffamando e demonizzando la Rete e chi la usa.

Anso (Associazione Nazionale Stampa Online) boccia l'idea della "minitassa temporanea", osservando che fra l'altro la stampa cartacea gode già adesso di notevoli sovvenzioni, mentre gli editori che lavorano solo online non ricevono un centesimo di sostegno. Non si capisce per quale motivo aggiungere costi e tasse, per quanto piccole, alla navigazione in rete allo scopo di sovvenzionare chi riceve già sovvenzioni dallo stato.


Inoltre, dal punto di vista distributivo, i due problemi storici dell'editoria italiana sono sempre stati: l'inefficienza dei servizi postali (fra i più lenti d'Europa), inefficienza che ha sempre limitato lo sviluppo del mercato degli abbonamenti; il collo di bottiglia delle edicole, che ha sempre impedito o scoraggiato lo strillonaggio e la vendita di giornali presso altri punti vendita, perseguendo quando possibile una logica di monopolio distributivo.

La Fieg dovrebbe occuparsi seriamente di quei due problemi, invece di cercare ulteriori sovvenzioni. Ma forse, avendo perso tempo nei quarant'anni appena trascorsi, pensano che la strada delle sovvenzioni sia l'unica facilmente percorribile per gente con poco coraggio e poca fantasia.