venerdì 29 gennaio 2010

Gruppo San Paolo Intesa: "customer care" per bontà d'animo

Ho un conto corrente presso la banca CR di Firenze, che da quando è entrata nel Gruppo San Paolo Intesa, a quanto pare non ha più filiali in Lombardia.
Tempo fa, per integrare i due gruppi, hanno cambiato il sistema di home banking, aggiungendo una "O-Key" elettronica, un marchingegno Made in China di plastica verde per produrre i codici di accesso a supplemento del sistema utente/password.
Dopo pochi mesi d'uso, venerdì 22 gennaio la mia O-Key, contraddicendo il nome, s'incanta. Produce il numero 44203 e questa è l'ultima cosa che fa, restando col display tenacemente inchiodato su queste cinque cifre. Non riesco neanche a entrare, perché numero utente e password non sono più sufficienti neanche per la consultazione. Telefono all'assistenza.

L'operatore di call center mi offre subito la soluzione: "Basta andare alla filiale più vicina e gliela sostituiscono". Ma, da quando sono stati comprati dal Gruppo San Paolo Banca Intesa la filiale più vicina (prima a Milano) adesso è a Firenze o giù di lì. Io, per il momento, abito ancora a Saronno. L'operatore non può offrire soluzioni diverse. Però, essendo un ragazzo intelligente, suggerisce: "Può provare a telefonare alla sua filiale e chiedere se sono così gentili da spedirle la chiave in sostituizione".

Cioè: nel 2010, il Gruppo Bancario San Paolo Intesa, per la O-Key, il suo fragile generatore di codici autorizzativi del sistema di home banking, non ha previsto la possibilità che si guasti o venga smarrito quando il cliente non ha facile accesso a una filiale della sua banca, e non ha neppure previsto un sistema per una facile sostituzione a distanza.

Varie telefonate, breve trattativa per trovare una soluzione "fuori protocollo": il funzionario della banca CR di Firenze si informa se è possibile mandarla a una filiale di Banca Intesa vicina a me attraverso la loro posta interna. Passa il weekend, arriva la risposta: mandano la chiavetta presso una sede Saronno e mi danno i riferimenti (nome della persona di riferimento, indirizzo e telefono).

Attendo un paio di giorni e telefono. Chiamo quattro volte senza ottenere risposta, solo una lunga attesa allietato dalla musica del sistema telefonico. Verifico il numero di telefono: è quello giusto. Visto che sono online sul sito di Banca Intesa, mando un'e-mail per segnalare la cosa. Non ricevo risposta.

Arriva venerdì. E' passata una settimana, la posta interna avrà funzionato. Vista l'esperienza telefonica, vado di persona. Chiedo del mio riferimento. "Ah, sì, la chiavetta è arrivata stamattina". Che fortuna. Segnalo il fatto delle quattro telefonate a vuoto. "Strano, non abbiamo mai problemi. E' sicuro di aver fatto il numero giusto?" Sì sono sicuro. Ho anche controllato sul vostro sito e ho mandato un'email. "Non abbiamo mai avuto problemi." Lo so, i problemi li ho avuto io che ho fatto quattro telefonate a vuoto.

"Questa è la chiavetta, dovrebbe firmare qui". Ok, però questi problemi non dovrebbero capitare. La chiavetta non dovrebbe guastarsi in pochi mesi, e quando si guasta dovrebbe esserci un sistema più semplice per sostituirla, oltretutto in garanzia. "Dipende dal fatto che lei è un cliende della banca CR di Firenze. Se fosse stato un nostro cliente avrebbe potuto recarsi in qualsiasi filiale..." Ma io sono un vostro cliente: la banca CR di Firenze fa parte del vostro gruppo. "Purtroppo l'integrazione non è ancora completa".

Appunto: il problema è sorto da questa presunta integrazione. Quando ho aperto il conto, il sistema di home banking della banca CR di Firenze era diverso. Non era bello, ma funzionava. Poi, per integrare i due gruppi, mi avete cambiato il sistema di home banking, costringendomi a cambiare sistema di accesso. In più il sistema di accesso evidentemente è fragile, visto che la chiavetta s'è guastata in pochi mesi (da notare che la tengo in un cassetto, non l'attacco al portachiavi come l'anello integrato farebbe presupporre). "Purtroppo l'integrazione non è ancora completa", ripete come un mantra. Ma non è un problema mio, rispondo. Dallo sguardo che incrocio, a quanto pare non è neppure un problema della banca, e men che meno del funzionario che ho davanti, per il quale sono un postulante sconosciuto.

In sintesi:

  1. La chiavetta O-Key dell'home banking San Paolo Intesa si è rotta dopo pochi mesi;
  2. Chiamando l'assistenza non c'è un sistema standard per sostituirla senza recarsi presso la propria filiale; l'ipotesi che un cliente lontano o sia in viaggio non è stata prevista da nessuno... L'eventuale soluzione è affidata alla presenza di spirito dell'operatore di call center.
  3. L'eventuale spedizione ad altre filiali del gruppo è affidata al buon cuore di chi spedisce e di chi riceve (il quale te lo fa anche pesare);
  4. Giovedì 28 gennaio ho telefonato quattro volte alla filiale ricevente senza ottenere alcuna risposta;
  5. Ho segnalato il problema via e-mail e ad oggi, salvo smarrimenti o disguidi, non ho ricevuto risposta. Neanche la risposta preconfezionata "grazie per averci scritto...";
  6. Ho segnalato il problema al funzionario, e questo ha semplicemente negato, attribuendo il fatto, casomai, a un mio errore: sicuramente sono io che ho sbagliato numero;
  7. La sostituzione della chiavetta viene comunque pagata a caro prezzo, un oggettino elettronico Made in China il cui costo industriale è sicuramente inferiore a un euro.
  8. Non è previsto un periodo di garanzia, per cui eventuali difetti della O-Key (come in questo caso) sono a rischio e pericolo del cliente, con il risultato che non ci sono incentivi per un adeguato controllo qualità. Anzi: un certo tasso di guasti porta profitti alla banca.
  9. Se segnali problemi o fai osservazioni, queste vengono semplicemente ignorate.
  10. Infine: tante fisime per la sicurezza, però nessuno ha verificato che fossi veramente io quello che ha ritirato la chiavetta.
Siccome in questo frattempo, in attesa del mio imminente trasloco, ho anche un altro sistema di home banking presso una banca del Gruppo UBI, il cui sistema di sicurezza è basato su una tessera contenente una griglia di un centinaio di numeri da utilizzare di volta in volta, devo dire che il sistema del Gruppo San Paolo Banca Intesa con la "O-Key" è inutilmente arzigogolato, costoso e oneroso per il cliente, laddove con il Gruppo UBI basta tenersi una tessera in tasca per richiamare di volta in volta il codice dispositivo necessario. Il tutto con livelli di sicurezza analoghi e soprattutto livelli di affidabilità superiori, perché non ci sono aggeggi Made in China che possono rompersi.

martedì 26 gennaio 2010

Strategie di presenza su Web e Social Network

Un'interessante sintesi delle possibili strategie aziendali per Internet, Web e Social Media dal blog Social Media Marketing.

In prticolare identifica queste strategie:
  1. Strategia Presenzialista
    (L'azienda pone dei segnaposto nei vari social network)
  2. Strategia Editoriale
    (L'azienda realizza e promuove dei contenuti per Internet, ma senza incoraggiare la conversazione)
  3. Strategia Conversazionale
    (L'azienda si pone anche in ascolto e incoraggia i feed-back)
  4. Strategia Strutturale
    (L'azienda coinvolge attivamente i suoi clienti e followers)
  5. Strategia Analitica
    (L'azienda esamina le conversazioni in rete che la riguardano per trarre idee e indicazioni di mercato)
  6. Strategia Virale
    (L'azienda spedisce in rete contenuti sperando che vengano replicati il più possibile)
  7. Strategia Strisciante
    (L'azienda finanzia e incoraggia forme di presenza non ufficiale)
Ho sintetizzato brutalmente per chi ha fretta, ma consiglio chi è interessato al tema di leggere e riflettere sui brevi paragrafi originali.

Il post continua dando preziose indicazioni sulle tipologie di copertura, ovvero come e con quale progressività (indicativamente) coprire i diversi mezzi possibili, fra blog, forum, social media di moda e non di moda.


La politica italiana comincia ad accorgersi dei freelance

Dopo anni di sordità e cecità quasi assoluta, la politica comincia ad accorgersi dei freelance e dei lavoratori autonomi che lavorano per le aziende. Ingiustamente messi nel vasto e mai bene identificato calderone degli "evasori", invece pagano più tasse dei lavoratori dipendenti, hanno la gran parte dei costi di produzione del reddito a loro carico, e lavorano spesso a loro esclusivo rischio e pericolo, senza alcuna tutela né solidarietà da parte dello stato.

Lunedì 1 febbraio a Milano, il PD (esponente della parte politica finora più sorda ai problemi dei lavoratori autonomi, delle partite iva e delle ditte individuali e soprattutto legata a schemi superati) incontra le associazioni di lavoratori autonomi e freelance. Maggiori informazioni qui nel blog di Marcello Saponaro.

lunedì 25 gennaio 2010

Lezioni di giornalismo (11) - Il Corriere non fa errori, e quando li fa, fa finta di niente

Il 7 gennaio 2009 è uscito questo post sul blog Route 66 del Corriere della Sera, firmato da Alessandra Farkas. Tema: una presunta nuova tendenza a valorizzare esteticamente le donne in carne.

Salvo che nell'articolo c'è un errore relativamente all'Indice di massa corporea, inoltre le foto di modelle scheletriche pubblicate a corredo sono frutto di ritocchi con Photoshop.

L'errore relativo all'indice di massa corporea l'ho segnalato io nei commenti (Yogasadhaka 08/01/2010). Il falso delle foto l'ha segnalato Paolo Attivissimo nel suo blog.

Sono passate un paio di settimane e nessuno al Corriere s'è preso la briga di correggere l'errore e di togliere le foto oppure di chiarire con una didascalia che si tratta di fotoritocchi.

O il Corriere della Sera è come il Colonnello Buttiglione ("Un ufficiale non si arrende mai, nanche di fronte all'evidenza"), oppure non hanno ancora capito come funzionano i blog.

Lezioni di giornalismo (10): Repubblica e le foto ghiacciate

Repubblica trova delle foto su Internet e le ripubblica sul suo sito: le misteriose onde ghiacciate del Lago Michigan. La notizia della bufala sul blog di Paolo Attivissimo. E intanto Grandi Giornalisti, Grandi Conduttori e Grandi Politici in Italia continuano a snobbare Internet.

sabato 23 gennaio 2010

Questi 18 milioni sono più istruiti dei restanti 42

Mauro Lupi ci segnala che oltre 18 milioni di italiani sono sui social network.

Senza idealizzare internet, di una cosa possiamo essere sicuri: questi diciotto milioni di italiani mediamente più istruiti, informati e giovani del resto della popolazione.

Perché in un paese dove il 30% degli adulti è analfabeta, semi-analfabeta o analfabeta di ritorno, avere un computer e accedere alla rete significa anche disporre di un'istruzione molto superiore alla media.

mercoledì 20 gennaio 2010

Manifesto del lavoro piacevole


Secondo me bisognerebbe scoprire nuovo diritto umano: Il lavoro deve essere piacevole.

Non dico che debba essere una continua successione di momenti piacevoli e un flusso di felicità. Anche lo sport, che generalmente viene praticato per libera scelta nel tempo libero, comporta sacrifici e fatica.

Ma il lavoro, come lo sport, deve restituire qualcosa in termini di piacere e di soddisfazione. Ogni giorno. È un diritto e una richiesta cui è indispensabile rispondere.

Un concetto del genere probabilmente può sorprendere chi è legato o condizionato dall'etica del lavoro come punizione. Ma se lavoratori dipendenti, consulenti, professionisti, imprenditori e freelance richiedessero come un diritto per sé e per gli altri anche un ritorno dal lavoro in termini di piacere e soddisfazione spirituale, probabilmente ci sarebbero meno nevrosi, meno problemi e anche una conflittualità più feconda, invece che semplicemente orientata a costi e retribuzioni in un'ottica a somma zero (cento euro in più al lavoratore sono cento euro in meno per l'imprenditore: non sempre è così).

Un'obiezione che si potrebbe fare è: ma la gente ha fame, guadagna poco, fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Parlare di "piacere" sul lavoro è un lusso.

No. Uno dei lavori più duri del mondo probabilmente è l'agricoltura svolta con mezzi tradizionali. Mio nonno aveva un'azienda agricola che nei primi anni sessanta portava avanti con l'aiuto di un operaio, senza alcuna macchina agricola propria eccetto il torchio per pigiare il vino. Il contadino che zappa tutto il giorno, quando alza gli occhi prova il piacere e la soddisfazione di vedere il pezzetto di terra che ha appena dissodato. È stanco, ma può essere soddisfatto. Allo stesso modo il muratore quando guarda il pezzo di muro che ha tirato su nella giornata.

Il lavoro deve essere piacevole. Deve offrire dei momenti di piacere e soddisfazione, tanto in ufficio quanto alla catena di montaggio, e questo deve essere un diritto imprescindibile e un criterio che orienti le politiche del lavoro.

Se il piacere sul lavoro diventasse un diritto compreso e condiviso, molti problemi potrebbero essere attenuati o risolti.

AGGIORNAMENTO - Qui un'intervista al sociologo Domenico De Masi che parla di tre nuove categorie di lavoro: il lavoro manuale ripetitivo, il lavoro intellettuale ripetitivo e il lavoro intellettuale "creativo".

martedì 19 gennaio 2010

Da dove arriva il cattivo esempio?

Nel mondo del lavoro e dell'economia, i cattivi esempi in Italia arrivano dallo Stato.

Nella scuola gli insegnanti possono restare precari fino all'età della pensione, in certi casi con contratti "stagionali" da ottobre a giugno, oltretutto con stipendi più bassi rispetto agli insegnanti di ruolo. Situazioni analoghe si possono trovare in tutti i settori dello Stato, ma il fatto che si coltivi attivamente l'instabilità lavorativa proprio nel settore dell'insegnamento illustra bene la visione strategica dei nostri governanti e dei nostri burocrati: dirigenti ben protetti e ipertutelati, operativi in prima linea a proprio rischio e pericolo (dovrebbe essere il contrario).

Nell'economia, il volano che avvia la cattiva abitudine molto italiana di pagare in ritardo parte dallo Stato, che paga i suoi fornitori con mesi e anni di ritardo. E questo non per abile gestione finanziaria, ma semplicemente per lentezza e inefficienza.

Lezioni di giornalismo (9) - Non chiedere al barbiere se hai bisogno di tagliarti i capelli

A chi chiedere qual è il browser più sicuro per navigare su Internet? Ovviamente alla Microsoft. Almeno, così fanno i giornalisti investigatori di Repubblica. Link e maggiori informazioni qui.

domenica 17 gennaio 2010

Che disegno intelligente

Il legislatore italiano non dorme mai. Solo la mancanza di sonno può infatti giustificare svarioni come questi: equiparare chi pubblica un video su YouTube a una rete televisiva, con i conseguenti obblighi... Maggiori informazioni e link qui, sul blog di Paolo Attivissimo.

Fortunatamente si tratta, per ora, di un disegno di legge. Ma il legislatore, questo misterioso personaggio delle istituzioni, non potrebbe informarsi presso i suoi figli, o, in certi casi, presso i nipotini, su come funziona Internet?

sabato 16 gennaio 2010

Sono la carta e la tv che, senza Internet, non esistono

Qualche giorno fa è uscita questa notizia, a consolazione di editori e giornalisti di stampa e tv:

WEB: ‘Troppo ripetitivo’ secondo ricerca USA. Il 95% dell’informazione è fatta da media tradizionali.

I dati della ricerca sono realistici*: la gran parte delle notizie escono su stampa e tv e solo successivamente vengono riprese, amplificate, rettificate, approfondite su Internet, blog, social network e forum.

Bisogna però fare una considerazione nota agli storici: la portata delle innovazioni tecnologiche viene sopravvalutata a breve termine, e poi sottovalutata a medio e lungo termine.

Dopo le attese miracolistiche di fine anni Novanta, con Internet stiamo entrando in questa seconda fase.

Infatti, senza Internet, oggi, i giornali tradizionali e la tv generalista non potrebbero neanche funzionare, altro che vantare primati nella produzione delle notizie!

Come vengono spediti e trasmessi gli articoli fra testate, collaboratori e redazioni? Con l'e-mail, la posta elettronica, uno strumento così integrato nei flussi di lavoro odierni che basta uno stop di mezzora per intralciare qualsiasi azienda. Cosa usano i giornalisti per cercare dati e informazioni, dalle biografie di personaggi famosi e meno famosi fino agli umili numeri di telefono? I motori di ricerca. Dove cercano? Principalmente su Internet. Oppure su banche dati a pagamento, a cui però accedono sempre via Internet. Lo stesso discorso vale per la tv, la quale, oggi, se mancasse l'infrastruttura offerta da Internet, sarebbe commercialmente paralizzata. Come vengono distribuiti i filmati pubblicitari alle diverse emittenti? Via FTP, file transfer protocol, un protocollo di trasmissione dati eminentemente internettiano, utilizzando server ovviamente posti su Internet.

Senza Internet i media tradizionali dovrebbero tornare al fax, agli articoli dettati al telefono, alle telefoto, alle telescriventi, alle videocassette spedite con i corrieri espresso.

Oppure, restare paralizzati.


*Almeno per quel che riguarda il resto del mondo. In Italia molte notizie escono prima su Internet...

Nella foto: il giornalista sportivo Giampiero Galeazzi in un momento di riposo offline.

lunedì 11 gennaio 2010

Nidi e asili migliori per combattere la disoccupazione

Cito:

"
I “ritorni sociali” di questo programma di educazione prescolastica sono stati quantificati in un incredibile 17%: in sostanza, per ogni dollaro investito in un programma per bambini svantaggiati, la società nel suo complesso guadagnava il 17% all’anno in reddito aggiuntivo o in minori spese. [...]

In un Paese come l’Italia in cui costa meno mandare il figlio all’università che all’asilo nido, questi dati dovrebbero far riflettere."

Il post intero qui.

In effetti un errore storico della politica dell'istruzione italiana è sempre stato dare più importanza, in termini di prestigio e di investimenti pubblici, alla formazione universitaria che alla formazione scolare e pre-scolare.

domenica 10 gennaio 2010

Il mio ricordo di Bettino Craxi

Ho visto Benedetto Craxi, detto Bettino, una volta sola. Credo fosse nel 1990, poco prima di Mani Pulite. Nel quartiere di Brera, a Milano (il quartiere degli artisti, piuttosto degradato negli anni settanta, oggi bomboniera della Milano fashion). Era una domenica d'autunno o di primavera, c'era una specie di mercatino dell'antiquariato, pieno di gente. In mezzo alla folla vedo arrivare Bettino Craxi. Era un omone imponente, accompagnato da un altro omone pelato, leggermente più basso di lui, che per le cronache di Mani Pulite, successivamente, scoprii essere l'architetto Silvano Larini, suo stretto collaboratore. Larini parlava a Craxi, vicino all'orecchio, per superare il brusio della folla del mercatino. Passandogli accanto colsi un bevissimo frammento di conversazione:
"Due milioni di metri cubi"
.

Saper delegare

"La rivolta di Rosarno è la quarta degli africani in Italia contro le mafie. Mi piace sottolineare che gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere."
Roberto Saviano al Tg3

venerdì 8 gennaio 2010

Pillole di negoziazione

Alcune indicazioni utili per freelance, professionisti, piccoli imprenditori dal seminario "Negoziare contro Golia". Questi consigli sono utili anche per lavoratori dipendenti e chiunque debba negoziare qualcosa.

A cura di I-Network.

Censura in rete

"Puoi avere la sensazione di cosa preoccupa un regime dai siti che blocca", dice una ricercatrice di Freedom House qui su Wired.

In Italia vengono bloccati i siti di scommesse online. Perché fanno concorrenza al monopolio statale sul gioco d'azzardo...

mercoledì 6 gennaio 2010

Astri e disastri: razionalismo allo sbaraglio


Bellissimo titolo, grande virtuosismo di scrittura, alcune tesi (a mio parere) discutibili.

Till Neuburg mi ha gentilmente mandato una copia del suo libro "Astri e disastri". Ci siamo frequentati per lunghi anni nel mondo della pubblicità ma non siamo più in buoni rapporti per cui ho letto il libro cercando il pelo nell'uovo. Qualche difetto l'ho trovato.

L'autore ingaggia una battaglia all'ultimo sangue contro l'astrologia e altre superstizioni antiche o moderne. Il mio giudizio sintetico è che il libro sia un'invettiva molto ben scritta, anche in modo barocco e virtuosistico, contro l'irrazionalismo antico e moderno.

Il paradosso è che le argomentazioni usate contro astrologia, psicologia, religione, mode alimentari e altre presunte superstizioni sono talvolta più emozionali che razionali.

I capitoli non arrivano quasi mai al punto, in una specie di flusso di coscienza molto manieristico in cui si passa da un argomento all'altro per associazione di idee, in un continuo gioco di parole. Quasi mai viene prima fatto uno sforzo per comprendere eventuali ragioni profonde del fenomeno preso di mira. Al massimo viene inquadrato numericamente (come nel caso dell'acqua minerale nel capitolo sull'alimentazione).

Il libro sembra rispondere a una logica binaria: o si è razionali o non si è razionali. La razionalità sembra una condizione on/off. La lotta fra razionalità e irrazionalità diventa il sostituto laico della lotta fra il bene e il male: o si crede nell'astrologia, o la si boccia sprezzantemente. O si crede nell'omeopatia, oppure si crede nella scienza luminosa e illuministica.

Un aut aut che non condivido.

Prendiamo il caso dell'astrologia (nella quale io NON credo, ma non credo neanche che sia questo male così grave).

Storicamente l'astrologia è un fenomeno da non sottovalutare: una combinazione di religione e scienza, è stata l'antenata di entrambe. Senza astrologi che scrutassero il cielo per cercare di trarne dei significati, non esisterebbe né l'astronomia, né la scienza, né probabilmente nessuna delle religioni esistenti.

Oggi l'astrologia è un fenomeno che può generare un certo fastidio da parte degli scienziati per bene, a causa della sua diffusione. Ma, secondo me, invece di emettere bolle di condanna in nome della razionalità, sarebbe utile anche fare uno sforzo per comprenderne la sua differente razionalità. Se vogliamo essere strettamente razionali a tutti i costi, cosa c'è di più irrazionale di 22 giocatori che inseguono un pallone per 90 minuti secondo modalità e in contesti altamente rituali? Ma anche giocare a golf, fare una passeggiata o praticare Yoga è totalmente irrazionale. Per non parlare della suprema inutilità di fare musica o di ascoltarla... (prima di essere attaccato come nemico dello sport o della musica: sto facendo esempi per assurdo).


Modesta difesa dell'astrologia da parte di un non adepto

L'astrologia è come la religione, la scienza, la tecnica e i regolamenti condominiali: un modo per avere indicazioni su come comportarsi nella vita.

Tutto dipende anche da come si interpretano queste indicazioni: un regolamento condominiale interpretato dogmaticamente è molto più pericoloso di un oroscopo o dei tarocchi interpretati con ironia. Est modus in rebus.

Se uno si rivolge a un mago o un cartomante, i problemi sorgono quando ne diventa dipendente dal punto di vista psicologico, oppure quando ci sono gli estremi della circonvenzione di incapace.

Ma nella maggior parte dei casi non è vero che i presunti maghi raggirano la povera vittima: in genere, qualcosa di utile gli danno, altrimenti non avrebbero così successo. Un presunto mago un po' di esperienza psicologica e di conoscenza dell'animo umano ce l'ha sicuramente. La persona che ha davanti gli comunica molte cose, dal modo di vestire al modo di atteggiarsi, dagli accessori alla scelta delle parole. Il presunto mago, (come il confessore, il medico, l'insegnante di italiano, l'amica sincera), usando la sua esperienza, ti dice qualcosa di te stesso che non sai. Non necessariamente il futuro che si realizzerà, però qualche spunto per poi decidere di testa propria. È questo il suo vero ruolo, anche se magari né mago né cliente ne sono pienamente consapevoli.

Inoltre: chi è che segue di più l'oroscopo? In genere le donne. Le donne, più degli uomini, hanno bisogno di stabilire linee di comunicazione più ricche e articolate, fra di loro e con l'altro sesso. Scambiarsi informazioni sul segno zodiacale di questo o di quella è un modo per scambiarsi informazioni utili per vivere. Dire "Tizio è un capricorno, anche se ha dei lati molto dolci del carattere" è un modo abbreviato per scambiare molte informazioni. I problemi, come spesso nella vita, sorgono solo col dogmatismo o con l'intolleranza: "io i capricorni li ammazzo".

È vero che l'influsso delle stelle probabilmente non ha alcun rilievo sul carattere del bambino. Ma l'alimentazione della madre (anticamente molto influenzata dalle stagioni) e il tipo di stagione in cui si sono trascorsi i primi mesi di vita, forse sì. E in ogni caso, siccome nella vita quotidiana giudichiamo spesso le persone, sbrigativamente, anche dal fatto di essere milanisti o juventini, o di una certa città, o dalle scarpe e calze che indossano, ma senza per questo pretendere la verità di giudizio (sarvo personalità paranoidi che pretendono di essere infallibili nel giudicare gli altri), un po' di comprensione sul fenomeno si può esercitare.

Anche perché, siccome scambiarsi informazioni sulle persone del proprio gruppo sociale è molto utile per la sopravvivenza e anche per la coesione del gruppo sociale stesso, da questo punto di vista un pizzico di astrologia non è poi così totalmente irrazionale, non perché offra esattezza scientifica (non la offre), ma perché fluidifica i rapporti, come offrire una sigaretta (tra fumatori) o offrire un caffè, due atti profondamente irrazionali senza questo contenuto di fluidificazione sociale.


L'omeopata contro voglia

Prendiamo anche il caso dell'omeopatia, allegramente tagliata a fette dall'autore insieme a pranoterapia, fiori di Bach e altro. [Disclaimer: pur non avendo mai preso alcun rimdio omeopatico e non avendo mai consultato alcun medico omeopatico per me stesso, ho diversi amici che credono nell'omeopatia, conosco un medico molto serio che è anche medico omeopatico, la mia ex moglie cura i miei figli (indipendentemente da qualsiasi mio parere in proposito) con rimedi omeopatici. Ho visto qualche guarigione apparentemente attribuibile al rimedio omeopatico (in particolare, la sparizione di una verruca dal piede di mio figlio di dieci anni in un paio di settimane, laddove io alla sua età avevo avuto delle piccole verruche nelle mani che mi sono tenuto per mesi).]

Dopo aver documentato che i rimedi omeopatici sono solo acqua fresca, Till Neuburg a pagina 151 afferma: "Se quindi l'omeopatia funziona lo stesso, lo fa grazie a qualche altro principio che la scienza non ha ancora scoperto.
Qui non si sostiene in modo apodittico che l'omeopatia non serva a nulla o che i medici omeopatici siano tutti dei cialtroni. Si dice semplicemente che a favore di questa scuola non esistono ancora argomenti prevedibili, ripetibili, misurabili."


Ora, anche ammesso che l'omeopatia non possa vantare null'altro (non lo so e non sono competente ad affermarlo), in realtà esiste un principio che la scienza ha scoperto da tempo, e misurato in esperimenti prevedibili, ripetibili e misurabili. L'effetto placebo.

L'effetto placebo NON è una cialtronata o una curiosità occasionale: è un effetto statisticamente misurabile per cui, se uno assume acqua fresca pensando che sia un farmaco efficace, questo ha effetti positivi in percentuali molto significative (secondo Wikipedia fino all'80% nel caso di disturbi con forte componente psicosomatica). L'effetto placebo rinforza anche l'eventuale effetto farmacologico di un farmaco "autentico", quindi è un componente importante, anche se involontario, di molte terapie farmacologiche scientificamente ineccepibili.

L'effetto placebo dimostra, in modo misurato e misurabile, che il corpo ha delle capacità di autoguarigione, e che queste vengono stimolate da una serie di fattori (carisma del medico, rapporto col paziente, fiducia in sé stessi, fiducia nel rimedio, situazione personale e familiare, disponibilità alla suggestione e autosuggestione...).

Sono le capacità di autoguarigione che, spesso, vengono stimolate dalle varie "medicine alternative", mentre la Medicina Ufficiale dell'Occidente, pur riscontrandola in ogni esperimento a doppio cieco, la trascura vistosamente, accontendandosi del suo effetto di rinforzo secondario dell'azione farmacologica primaria. Perché? Anche senza essere nemici di "Big Pharma", la risposta è semplice: probabilmente perché nessun gruppo industriale ha interesse diretto a promuovere l'autoguarigione e la consapevolezza delle sue possibilità.

La medicina occidentale in realtà deve la gran parte dei suoi successi alla capacità diagnostica e alle terapie d'emergenza. Per curare una gamba rotta, rianimare un infartuato, operare un tumore, nessuno batte la medicina occidentale. Ma per gran parte dei disturbi quotidiani, soprattutto quelli di origine psicosomatica, ma anche il mal di schiena o il banale raffreddore, non ottiene successi molto superiori alle medicine tradizionali o ai rimedi della nonna. Un raffreddore se non curato dura una settimana, se curato dura sette giorni: questa è una battuta dicono i medici, non i maghi.

Siccome mi occupo da molti anni di Yoga, sto raccogliendo sistematicamente tutte le documentazioni che trovo sulle capacità terapeutiche e preventive dello Yoga. Esistono un paio libri scritti da medici e anatomisti (che praticano anche Yoga); esistono diverse ricerche con tutti i crismi scientifici che indicano effetti ripetibili, prevedibili e misurabili dello Yoga e di pratiche analoghe (ad esempio, per citarne una curiosa, la recitazione del Rosario, analoga alla recitazione dei mantra, abbassa la pressione sanguigna in modo misurabile). Esiste una sterminata evidenza aneddottica.
Nel mio blog Yogasutra ho dato parecchie notizie al riguardo. Le ricerche, nonostante ne esistano e nonostante siano promettenti, sono però rare.

Come mai? Semplicemente: pochi hanno interesse a finanziare ricerche scientifiche il cui effetto sia promuovere un servizio terapeutico-preventivo in cui il paziente pratica per conto proprio, senza usare integratori alimentari o farmaceutici di alcun tipo, con la sola spesa di un tappetino da 30 euro (o meno) e di un corso collettivo da 40 euro al mese (che può limitarsi a frequentare per tre mesi l'anno, praticando per conto proprio il resto dell'anno), più l'eventuale acquisto di qualche libro o dvd.

Un singolo bypass coronarico da solo costa come anni di Yoga e centinaia di boccette di rimedi omeopatici. E il bypass coronarico NON risolve il problema, che spesso dipende da alimentazione e stile di vita. Lo rinvia a un prossimo bypass qualche anno dopo.

Il razionalismo mal riposto che spinge a liquidare sbrigativamente l'omeopatia e le medicine alternative (che, nel caso della Medicina Ayurveda indiana, dello Shiatsu giapponese e della Medicina Tradizionale Cinese hanno migliaia di anni di tradizione alle spalle) spinge anche chiunque abbia il mal di schiena, la pressione alta o problemi di stress verso costose cure farmacologiche dall'efficacia talvolta poco superiore all'effetto placebo.

"Il modello di verità a cui si attiene la scienza è piuttosto limitato. Si tratta di verità legate al consenso portato al suo estremo. La forza della scienza è che costruisce questa verità basata sul consenso in maniera efficace, attraverso esperimenti, pubblicazioni, conferenze. La sua debolezza sta nel fatto che non lascia spazio a nessun altro tipo di verità." Francisco Varela, biologo dell'Ecole Polytechnique de Paris. (Dal libro "Le emozioni che fanno guarire", conversazioni fra alcuni scienziati e il Dalai Lama, a cura di Daniel Goleman)


E anche in questo caso, consiglierei di ripetere le analisi

Concludendo, nel capitolo sulla psicologia c'è un'analisi secondo me totalmente sbagliata o, nella migliore delle ipotesi basata su luoghi comuni del secolo scorso. A p. 78, si dice: "Oggi la scelta di un CD musicale è legata alle chart, un libro che non è in classifica rischia di fiire al macero entro breve tempo, un indumento piace in proprozione alla notorietà del marchio che gli hanno cucito sopra, un film che non produce incassi durante il primo weekend scompare dalle sale entro pochi giorni, l'incanto di una notte d'amore è espresso attraverso il numero di orgasmi (?), la qualità di un ristorante è giudicata in base alle stellette, la sorte di un programma televisivo è ancorata allo share."

Con l'unica eccezione del programma tv (ma solo per la tv generalista, un mezzo di comunicazione di massa in via di ridimensionamento, anche se l'Italia è come al solito in ritardo), per il resto si tratta di una serie di luoghi comuni sbagliati. L'esempio del CD (in un libro uscito nel novembre 2009...) è obsoleto almeno da dieci anni; idem per libri, indumenti e film.

Internet (che è un fenomeno di massa che risale al 1994, non il trend della settimana scorsa) ha dimostrato l'estrema vitalità dei segmenti verticali e delle nicchie di mercato, fenomeno spiegato razionalmente da Chris Anderson qualche anno fa e battezzato "La coda lunga": oltre ai best seller, ci sono quelli che nel mercato editoriale venivano battezzati "long seller": i libri che NON scalano mai le classifiche ma vendono ogni anno le loro cento, mille, tremila o anche diecimila copie: libri che fanno il vero fatturato degli editori, particolarmente quelli medi e piccoli.

Tale fenomeno, già noto ad esempio agli operatori della vendita per corrispondenza del secolo scorso, viene amplificato su Internet: grazie alla disponibilità infinita di spazio virtuale, un libro (e qualsiasi prodotto) può restare in catalogo all'infinito, ed essere ordinato sempre. Questo comporta che le vendite minori, sommandosi, diventano una percentuale molto elevata del fatturato del commercio elettronico, diminuendo la dipendenza dai best seller da hit parade.

Ani di Franco, oltre dieci anni fa, è stata uno dei primi casi di cantante pop che ha raggiunto la fama internazionale autopromuovendosi col passaparola, online e tradizionale, vendendo inizialmente i cd autoprodotti uno ad uno e promuovendo allo stesso modo i suoi concerti. Musicisti, artisti, gruppi musicali e cantanti che si aprono un loro spazio autopromuovendosi su Internet sono sempre più diffusi, in alcuni casi raggiungendo la notorietà internazionale, in altri casi sbarcando dignitosamente il lunario.

Mi fermo qui.

La veste editoriale del libro è molto bella, la vignetta di Altan in copertina sottile e divertente. In quarta di copertina gli endorsement di tre vip: la conduttrice televisiva Daria Bignardi, il giornalista Gianni Mura, il grande copywriter e tycoon pubblicitario Emanuele Pirella. Il libro è stato riveduto da un altro grande copywriter italiano, Pasquale Barbella.

Till Neuburg, Astri e disastri, nov 2009, 200 pagine circa, Fazi Editore, 15 euro.
ISBN 978-88-6411-075-2
9788864110752

Altre recensioni qui, su aNobii.

martedì 5 gennaio 2010

Crisi o cambiamento in atto?

Il primo numero dell'Economist 2010 è magro come una sottiletta. Sono abbonato dal 1991 e non l'avevo mai visto così sottile: prendendolo dalla casella pensavo fosse un inserto pubblicitario.

Se non è un segnale di crisi, è comunque il segnale che i tempi stanno cambiando vertiginosamente.
72 pagine, di cui 11 pubblicitarie. In genere le pagine di foliazione sono almeno il doppio e le pagine pubblicitarie al suo interno sono almeno il triplo.

È normale che il primo numero dell'anno sia un po' magrolino, ma non così tanto...

Di passaggio, è interessante notare che la storia di copertina riguarda "Cosa succede quando le donne costituiscono più della metà della forza lavoro". Una realtà ancora lontana per l'Italia.

sabato 2 gennaio 2010

Memorandum su Italia.it (per non dimenticare, se possibile)

Ricordate Italia.it? Se non lo ricordate, è bene fare un ripasso. La sintesi: 50 milioni di euro per un sito internet aperto e chiuso in poche settimane.

Italia.it è stato il grande portale turistico bipartisan inaugurato in pompa magna dal vicepresidente del consiglio Francesco Rutelli nel 2007, abortito in poche settimane e poi promesso risorgente nel gennaio 2008.

Per questa grande operazione online governativa bipartisan (avviata da un governo Berlusconi, portata malamente a termine da un governo Prodi e infine riavviata dall'attuale governo Berlusconi) erano stati stanziati oltre 50 milioni di euro, e di cui spesi effettivamente (pare) diverse decine per ottenere un nulla di fatto. L'iniziativa fu seguita dal blog The Million Portal Bay.

Oggi, dopo anni di lavoro e milioni spesi, dopo annunci di rapido completamento, siamo alla versione demo.* (nel caso fra qualche tempo la pagina sparisca, incollo in fondo il testo del messaggio di Maria Vittoria Brambilla)

Quello che gran parte della classe politica italiana non ha ancora capito è che il metodo "prima annunciamo, poi si farà" funziona con le riforme, con le autostrade, col ponte sullo stretto di Messina... Ma su Internet non funziona. Su Internet "prima si fa, e poi si annuncia".

*Il messaggio di Maria Vittoria Brambilla nella pagina al link http://www.italia.it/it/collabora.html, al 31 dicembre 2009 (neretto mio).

"Cari amici,
quella che vedete è una versione demo del portale dell'Italia, che intende assolvere esclusivamente la funzione di spot promozionale per il nostro Paese.
La redazione di Italia.it si è messa al lavoro per dare attuazione a quello che è invece il progetto del nuovo portale dell'Italia, che desideriamo risponda a tutte le esigenze del turista che oggi naviga in rete.
Una sfida decisiva per il futuro di un Paese come il nostro, in un ambito in cui internet ha un ruolo strategico. Un progetto tanto importante quanto complesso, che vorremmo realizzare anche con il vostro contributo, convinti come siamo che l'attenzione, l'esperienza e la competenza di tanti italiani innamorati del proprio Paese, rappresentino un'insostituibile base di arricchimento. Il nostro staff è quindi costantemente alla ricerca di nuovi apporti: il cantiere è finalmente aperto, i lavori sono in corso. Per questa ragione, vi chiediamo di volere partecipare alla realizzazione di Italia.it, compilando i campi del modulo proposto in questa pagina.
Desidero, inoltre, anticiparvi che il portale in via di realizzazione saprà cogliere l'opportunità delle nuove modalità partecipative del web 2.0. Tutti potranno raccontare le proprie esperienze di viaggio, proporre itinerari, pubblicare foto, video e segnalare anche le tante eccellenze italiane ancora poco conosciute. Mi auguro che la nostra collaborazione possa essere proficua e possa crescere con soddisfazione di tutti.
L'affetto per il nostro Paese e l'orgoglio di appartenervi si possono esprimere anche in questo modo...diamoci da fare!

Michela Vittoria Brambilla - Ministro del Turismo"