martedì 12 aprile 2011

Costi e rendimenti dell'informazione televisiva

Che tempo che fa (66 puntate nel 2010) :
  • costi 10,46 milioni
  • ricavi pubblicitari 17,6 milioni
  • + 7 milioni circa (media di ascolto di 3,7 milioni per puntata)
Ballarò (33 puntate nel 2010):
  • costi 3,49milioni  
  • ricavi 7,6 milioni
  • +4 milioni circa (media di ascolto di 4,6 milioni di individui)
Report (20 puntate nel 2010) :
  • costi 2,5 milioni  
  • ricavi 4,3 milioni
  • +1,8 mioni circa (media di ascolto 3,6 milioni)
Totale: circa 13 milioni di margine lordo che queste tre trasmissioni portano al bilancio della RAI.

La leggenda per cui sarebbero trasmissioni finanziate dai contribuenti attraverso il cosiddetto Canone Rai è una bugia propagandistica. In realtà si tratta di trasmissioni finanziate dalle inserzioni pubblicitarie, dalle quali l'azienda trae un notevole beneficio economico e finanziario.

Fonte:  Il Sole 24 Ore, edizione cartacea, domenica 10 aprile 2011

giovedì 7 aprile 2011

"F for Fake" - Il punto sulle campagne finte

"F for fake" era un documentario di Orson Welles che parlava di verità e finzione (tenendo presente che il Cinema È Finzione).

Esiste un annoso tema chiamato delle "campagne finte" che appassiona da anni alcuni pubblicitari. "Pentito della DDB", un anonimo o un gruppo di anonimi che sta combattendo una presunta battaglia morale, mi chiama spesso in causa in quanto attuale segretario dell'ADCI Art Directors Club Italiano, sopravvalutando il mio potere di influenza. Approfitto della penultima chiamata in causa  (l'ultima è qui) per chiarire la mia opinione sul tema:
  1. Prima di tutto penso che "pentito della DDB" sia lui stesso un fake, almeno fintanto che non firmerà le sue presunte denunce.
  2. Poi, penso che l'ossessione per il tema dei "fake" sia irrilevante, inutile e autoreferenziale.
Qui comunque offro un suggerimento utile: "Pentito della DDB", crea un blog dedicato alle campagne finte, oppure fatti ospitare da qualcuno, segnalando in modo sistematico i lavori finti e discutendoli uno per uno.

Detto questo, se magari mi sbaglio, comunque non posso far danni: da anni non partecipo come giurato a nessuna giuria di premi, award o altri eventi a premio perché, pur riconoscendo che hanno qualche importanza, sui premi penso quello che ha scritto Paul Arden (direttore creativo della Saatchi & Saatchi ai tempi del suo massimo splendore) nel suo "It's not how good you are, it's how good you want to be":

Quasi tutti vogliono vincere premi. I premi creano prestigio e il prestigio fa alzare lo stipendio.  Ma attenzione: i premi vengono assegnati da giurie in base al consenso di ciò che è noto. In altre parole, di quello che va di moda. Ma l'originalità non può andare di moda, perché non è ancora stata approvata da una giuria. Non cercare di seguire la moda. Sii onesto con te stesso e aumenterai le probabilità di creare qualcosa che sia senza tempo. L'arte sta qui.
I premi selezionano il meglio dello status quo. La vera innovazione sta sempre altrove. I premi sono importanti, ma l'ossessione per i premi è inutile, sciocca e mal riposta.

lunedì 4 aprile 2011

Il Manifesto Deontologico dell'ADCI Art Directors Club Italiano

La presentazione di Massimo Guastini al Consumers Forum per il Manifesto Deontologico dell'ADCI Art Directors Club Italiano, l'associazione dei creativi della pubblicità italiana (art director, copywriter, web designer, fotografi, illustratori, web writer, registi).