sabato 28 agosto 2010

Lezioni di giornalismo (19) - Esagerare e mai documentarsi: non serve

Il Giornale riprende una notizia apparsa sul Times, relativa al fatto che il Pilates, secondo recenti ricerche, non sarebbe una panacea contro tutti i mali. (Premetto che, oltre a scrivere, faccio anche l'insegnante di Yoga, che ho insegnato sia in palestra sia in scuola di danza, e che non ho alcun interesse per il Pilates, il quale può essere persino considerato una sorta di concorrente dello Yoga. Qui c'è il mio blog sullo Yoga.)

Ciononostante, l'articolo è totalmente superficiale e disinformato, laddove bastava qualche ricerca su Internet per saperne di più:
  1. La foto rappresenta una posizione yoga per allievi molto progrediti che NON c'entra niente con il Pilates. Sarebbe come se, parlando di presunti difetti di un modello d'auto, l'articolo venisse illustrato con la foto di una motocicletta.
  2. Joseph Pilates nel 1920 NON era un celebre trainer, almeno non secondo il significato moderno, visto che in quegli anni lavorava in Germania e faceva da istruttore per la polizia, trasferendosi negli Usa nel 1925 per problemi politici. Sviluppò il suo sistema per mantenersi in forma durante un periodo di prigionia (era ufficiale nella I Guerra Mondiale) e per compensare suoi problemi fisici personali. Lo fece divenire un'attività professionale e commerciale negli Stati Uniti, dopo il 1925, appunto.
  3. Il sistema originale di Joseph Pilates prevede sia una serie di esercizi a corpo libero o con piccoli attrezzi, sia una serie di esercizi da eseguire con speciali macchinari. Gli esercizi del secondo tipo sono più spiccatamente terapeutici e nel sistema Pilates richiedono l'assistenza di un istruttore esperto, in genere in lezioni individuali. Gli esercizi a corpo libero vengono invece insegnati in lezioni di gruppo. Oggi esistono diversi stili di Pilates, messi a punto o commercializzati da allievi di Joseph Pilates (Stott Pilates, Winsor Pilates, e così via). Mettere tutto nello stesso calderone per dire "non serve a nulla" è come dire che le medicine non servono a nulla perché è stato documentato che l'aspirina non cura il cancro.
  4. Il fatto che il Pilates a corpo libero non sia molto meglio di una camminata veloce depone a favore della camminata ma NON è una particolare critica del Pilates. Analoghe osservazioni si possono fare su molti sport, senza poi contare le possibilità di critica di sport asimmetrici e quindi dannosi se praticati senza correttivi, come il tennis, il tiro con l'arco, il bowling, ecc. Inoltre, se uno sport "non servisse a nulla" solo perché non è molto meglio di una camminata veloce (un'attività sportiva di tutto rispetto e non banale, tra l'altro), allora che dire degli sport ad alto rischio di infortunio?
  5. Come al solito nei siti dei quotidiani dell'era cartacea, l'articolo a cui si fa riferimento non viene linkato, inoltre cercando "Pilates" nel sito del Times Online non si trova nulla che sembri essere l'articolo in questione. Non è possibile approfondire ulteriormente perché alcuni articoli del Times (ad esempio quello intitolato "Health: Pilates" di Matt Gilbert) sono leggibili a pagamento e i geni del marketing online del Times non hanno pensato di rendere disponibile neppure un riassunto (cerco un articolo specifico e devo pagare per leggere senza nemmeno sapere se è l'articolo giusto?).
  6. Scorrendo i commenti all'articolo del Giornale ben quattro lettori su cinque contestano in modo circostanziato quanto affermato nell'articolo. Anche qui, trattandosi del sito di un "quotidiano nazionale" dell'era cartacea, l'incompetente autrice dell'articolo (incompetente in tema di sport, Pilates e fitness, beninteso) non risponde ai commenti, non rettifica, non aggiusta il tiro, non entra in relazione con i suoi lettori.
Insomma, un articolo superficiale e disinformato basato su una NON notizia ("il Pilates non è la panacea"... Grazie, lo sapevamo) che viene trasformata in uno "skup" esagerando il titolo: "Il Pilates non serve a nulla". Neanche articoli e giornalisti come questi.

domenica 22 agosto 2010

Lezioni di giornalismo (18) - La pubblicità è l'anima del giornalismo

Ecco un'analisi sommaria ma utile dei bilanci di "Libero" e del "Giornale" che dimostra come la capacità di influenzare e dirigere gli investimenti pubblicitari in Italia può essere determinante per la vita di una testata in perdita. Sia Libero che Il Giornale sono da anni in passivo. Vengono tenuti in piedi dai soldi dei loro editori, che vi investono a fondo perduto, e dall'aiuto di concessionarie pubblicitarie compiacenti, in una situazione politica di conflitto di interessi che in altri paesi porterebbe uomini politici e imprenditori prima alle dimissioni e in certi casi anche in galera (il fratello di uno degli editori è l'attuale primo ministro italiano; la concessionaria di entrambe le testate è di proprietà di un sottosegretario del governo; l'attuale primo ministro è proprietario di concessionari pubblicitarie che influenzano, direttamente, almeno il 40% del mercato pubblicitario italiano).

Molte altre testate d'informazione, in Italia, sono in situazioni analoghe: fallimentari dal punto di vista finanziario, ma comunque utili dal punto di vista politico. Anche testate vicine al centro e alla sinistra, più in passato che adesso bisogna dire, hanno goduto della mano caritatevole di investimenti pubblicitari compiacenti.

sabato 21 agosto 2010

La teoria del caos

In un sistema complesso, qualunque cosa succeda, si può trovare una farfalla a cui darne la colpa.

domenica 15 agosto 2010

Lezioni di giornalismo (17) Come gonfiare una cucina

Oggi, stando al servizio passato ieri a Studioaperto su Italia 1, avrebbe dovuto essere il giorno delle prove schiaccianti nei confronti di Gianfranco Fini e le sue malefatte immobiliari a Montecarlo. Il Giornale, quotidiano di proprietà di Paolo Berlusconi, house organ di Mediaset e in pratica quotidiano di partito del PDL, avrebbe infatti dovuto pubblicare i documenti che provavano in modo schiacciante l'uso dell'appartamento da parte di Gianfranco Fini e della sua convivente. Le prove si riducono alla fattura di una cucina Scavolini acquistata a Roma (700 km da Montecarlo) e probabilmente troppo grande per l'appartamento monegasco...

Ci si potrebbe domandare, ma Vittorio Feltri e i giornalisti professionisti iscritti all'albo suoi collaboratori vengono pagati centinaia di migliaia di euro all'anno per questo?

In realtà il meccanismo è il seguente: se la notizia, vera, falsa o verosimile che sia, viene ripresa dalle testate televisive, in ogni caso lascia una traccia nella memoria dell'enorme numero di italiani che si informa esclusivamente attraverso la televisione e attraverso il passaparola nei negozi e in condominio. Purtroppo questi italiani ignoranti e inconsapevoli (nel senso etimologico e letterale dei due termini) oggi rappresentano circa il 60% della popolazione, in una situazione di particolare arretratezza rispetto al resto d'Europa. Non tutti si bevono tutto quello che passa in tv. Ma molti sì.