L'attenzione è spesso concentrata sul lavoro eccellente. I premi vanno agli eccellenti (si spera). Parlare di eccellenza è sempre molto macho o molto romantico.
Ma l'eccellenza probabilmente è una conseguenza della situazione di un certo settore professionale, non ne è né la causa, né la cura. Per sintetizzare, "vincere più premi internazionali" non è la ricetta per migliorare la situazione del mercato pubblicitario italiano. Al massimo, è la ricetta per migliorare la situazione di qualche agenzia in relazione al resto del mercato, che resta quello che è.
Per chiarirci, il lavoro eccellente è la punta di una piramide. Per alzare la piramide di un metro, occorre aggiungere centinaia, a volte migliaia di metri cubi alla sua base.
La base è costituita via via dai lavori sufficienti, quelli mediocri, quelli buoni e restringendo sempre più, quelli ottimi ed eccellenti.
Gli sforzi volontaristici per produrre lavori migliori, le alchimie più diverse per selezionarli meglio equivalgono a tirare l'erba per farla crescere più in fretta: troppo poco e troppo tardi.
Inoltre, la qualità di un settore professionale, come la piramide, NON è fatta dalla sua punta, ma dall'insieme complessivo: tanto la punta quanto la base che sostiene questa punta.
Più larga è la base, più alta la punta.
Il problema della pubblicità italiana è in parte di semplici dimensioni di mercato (inteso come numero di lavori prodotti, non come fatturato): circa un decimo del mercato inglese (soprattutto se depuriamo dalla TV, che in Italia è un fattore di distorsione perché drena molti budget che altrimenti andrebbero in altri canali a maggiore intensità di lavoro creativo e produttivo); in parte di formazione delle persone e di investimenti professionali: poche agenzie investono sui dipendenti e sulla loro formazione; in parte di deregulation selvaggia dei rapporti di lavoro: anche l'assoluta precarietà del rapporto di lavoro (anche fra agenzia e cliente, beninteso) e l'incertezza dei pagamenti non favoriscono un settore sano.
Quindi, paradossalmente, la stabilità dei risultati dei professionisti di talento, gli eccellenti, poggia sulla base dei mediocri: più sono i "mediocri", più elevata è la loro "media", più è facile per chi ha talento produrre lavori eccellenti. Questo può essere deludente per qualcuno, perché è più romantico pensare al genio eccellente che supera tutti gli ostacoli... ma difficilmente il genio lavora nel vuoto.
E' lo stesso motivo per cui in Italia e Francia ci sono i vini migliori del mondo: perché ci sono TANTI produttori di vino, non perché qualcuno ha trapiantato qui i venti migliori produttori.
In tutti i casi, se la metafora della piramide è calzante, l'unico modo per alzare la punta è allargare la base, e renderla più solida.
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2 commenti:
è calzante Gianni e sono totalmente d'accordo con la tua analisi.
Sono d'accordo, Gianni. Però è vero anche il contrario: in tempi di crisi, con meno pubblicitari nelle agenzie e meno lavoro anche per i free lance, la qualità diminuisce.
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