martedì 28 settembre 2010

Lezioni di giornalismo (20) - Gli errori esistono. Le rettifiche servono per questo

Quando hai occasione di rettificare una notizia sbagliata, rettificala invece di chiedere in modo petulante le scuse.

In questo filmato un giornalista del Fatto Quotidiano chiede una dichiarazione al direttore del TG1 Augusto Minzolini. Questo rifiuta di parlare con il giornalista perché il Fatto Quotidiano sarebbe "colpevole" di avere pubblicato una notizia sbagliata sul suo conto.
L'atteggiamento di Augusto Minzolini è poco comprensibile. È stato offeso dalla testata rappresentata dal giornalista e, considerandola un unicum solidale, esige le scuse dal giornalista, il quale giustamente gli fa osservare che, se il Fatto ha pubblicato una notizia sbagliata, questa è l'occasione giusta per rettificare.

Qui Augusto Minzolini esibisce una concezione antiquata e gerarchica dell'informazione: nella conversazione digitale, estremamente fluida, gli errori si rettificano. Nell'informazione cartacea tradizionale, più rigida, si procede per querele e si esigono le smentite.
Il risultato è che l'atteggiamento di Augusto Minzolini, che forse cinquant'anni fa avrebbe potuto essere giustificato, oggi risulta arrogante e padronale: tu che non sei mio pari e rappresenti una testata "nuova" e "nemica" devi scusarti con me per un errore del tuo "padrone" altrimenti non ti parlo. Inoltre tale atteggiamento una volta sarebbe rimasto confinato nei ricordi degli astanti, oggi invece viene facilmente documentato online.

Il TG1 d'altra parte è estremamente in ritardo nella sua presenza online e infatti ad oggi il suo profilo su Twitter ha solo 112 follower, una cifra ridicola per l'importanza della testata, laddove le testate straniere hanno scoperto l'importanza di Twitter per l'informazione in tempo reale da anni, a cominciare dalla CNN, che nel profilo CNN breaking news ad oggi di follower ne ha 3,4 milioni, su 100 milioni di utenti Twitter.

giovedì 23 settembre 2010

Libri o dentifrici? L'editore e il suo marketing (con Einaudi, Feltrinelli, Eco)

Un servizio della trasmissione tv L'Approdo segnalato da Vibrisse, sull'industria editoriale italiana e il suo marketing negli anni sessanta. Il servizio è molto interessante per tre motivi:
  • Documenta la consapevolezza del marketing editoriale italiano degli anni sessanta;
  • Documenta anche alcune delle sue ingenuità, ad esempio il timore dei piccoli editori rispetto alla presunta potenza dei grandi editori, i quali a loro volta minimizzano le loro capacità di investimento pubblicitario;
  • Riporta testimonianze di personaggi come Giulio Einaudi, Geno Pampaloni, Giangiacomo Feltrinelli, Valentino Bombiani e un giovane professor Umberto Eco.
Rispetto alla testimonianza di Giangiacomo Feltrinelli, è interessante notare questo: mentre nel caso del marketing editoriale pensava che non fosse possibile imporre al pubblico libri che questo non desiderava, qualche anno dopo morì misteriosamente sotto un traliccio innescando una bomba che avrebbe dovuto contribuire a indurre il pubblico alla rivoluzione, un'iniziativa certamente più impegnativa di comprare un libro.

Gli intervistati facevano parte delle case editrici Bompiani, Einaudi, Feltrinelli, Mondadori, Vallecchi, UTET.

mercoledì 15 settembre 2010

I 10 filmati virali più visti di tutti i tempi (per ora)

Advertising Age online classifica i dieci filmati virali più visti di tutti i tempi (per ora, visto che l'era dei filmati virali ha al massimo 10 anni...). Grazie a Roberto Venturini per la segnalazione.

Il primo in classifica, con un distacco di trenta milioni di visualizzazioni dal secondo, è un filmato autoprodotto. Il quarto, per contrasto, è un vero e proprio kolossal, anche se qualche migliaio di comparse sono sicuramente state digitalizzate.

I dati aggregano le diverse visioni su YouTube, altri siti di filmati online, social network ecc. Non comprendono eventuali visioni da inserzioni a pagamento, siti privati, trailer, videogiochi ecc. Si tratta quindi di misure indicative della reale diffusione del filmato, ma che non comprendono tutte le fonti possibili.

mercoledì 8 settembre 2010

Un paese sub-normale

In un paese normale di solito chi ottiene grandi ascolti televisivi e genera fatturato pubblicitario ottiene più risorse per fare le sue trasmissioni. Non succede in Italia, dove le trasmissioni tv scomode per il governo vengono emarginate, perché l'Italia è un paese sub-normale. Nel senso che è al di sotto di tutti gli standard europei: istruzione, libertà di stampa, lettura di libri e giornali, percentuale di laureati.