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lunedì 23 gennaio 2012

PEC- Posta elettronica certificata: la semplificazione complicata

L'Ufficio Complicazione Affari Semplici in Italia non dorme mai. Ecco un esempio, tratto da questo utile post sulla PEC Posta Elettronica Certificata obbligatoria per le Imprese:


Per richiedere una nuova partita Iva devo comunicare la PEC e per attivare una PEC ho bisogno della Partita Iva. Come faccio? 
La Camera di Commercio chiarisce che, nella procedura “ComUnica” è possibile mettere la PEC del commercialista, che sarà valida esclusivamente per ricevere le comunicazioni relative all’esito dell’operazione e comunicare la PEC da registrare in un secondo momento.
Un'incombenza in più, anzi tre (comunicare la PEC del commercialista, attivare la propria PEC  appena aperta la partita iva, poi comunicarla per sostituirla a quella del commercialista).

Da notare che la Posta Elettronica Certificata, oltre ad essere uno strumento unico al mondo (apparentemente, solo in Italia esiste in questa forma), più che semplificare la vita alle imprese, la semplifica all'Amministrazione Pubblica che riduce i costi e accelera i tempi delle notifiche amministrative e legali, senza offrire particolari vantaggi al cittadino o all'impresa. Questi infatti, per ricevere magari una notifica del Comune una volta all'anno, devono prendere l'abitudine, per prudenza, di verificare la PEC regolarmente, almeno una volta alla settimana.

Oneri in più per il cittadino, semplificazioni per la Pubblica Amministrazione.

venerdì 25 marzo 2011

I metodi bislacchi di Equitalia e dell'Inps

Domanda:

hai un cliente o un inquilino che paga regolarmente 4 rate all'anno, puntualmente, da vent'anni. Capita che un anno ne dimentichi una. Gli mandi un atto legale?

In un'attività commerciale, se lo facessi senza prima almeno un sollecito bonario con una telefonata o una lettera semplice, saresti un deficiente.

Ebbene, l'Inps, come tante altre aziende pubbliche, se un buon cliente o un buon contribuente dimentica per errore o per disguido un pagamento, procede subito per vie legali, sprecando tempo, risorse e, quel che è peggio, facendone anche perdere al cliente o al contribuente.

Ho ricevuto una raccomandata che mi diceva che un messo, per conto di Equitalia, aveva tentato di recapitarmi un atto legale ma non mi aveva trovato.

A parte che il messo non mi ha lasciato nessun avviso, per cui non ho alcun segno che sia effettivamente passato, la raccomandata mi diceva che l'atto era stato consegnato alla Casa Comunale dove avrei potuto ritirarlo. Ma la Casa Comunale non è a due passi. Il comune in cui abito è molto grande e io abito in una frazione a nove km dal municipio. Non ho la macchina e le possibilità erano perdere mezza giornata usando i mezzi pubblici, cercare un passaggio oppure andare in bicicletta. Visto che c'era il sole, ho scelto questa terza possibilità.

In tutti i casi fra avviso, raccomandata, gita in bicicletta, sentire il commercialista, andare in posta o in banca a pagare, sono ore di lavoro mie e altrui che se ne vanno, mentre con una lettera semplice probabilmente avrei pagato mesi fa.

Il burocrate con la visione a tunnel potrà obiettare: sì ma non tutti sono onesti o puntuali. Vero, ma siccome gli errori capitano:
  1.  Per i solleciti di pagamento (perché questi sono solleciti di pagamento) dovete distinguere fra contribuenti abitualmente fedeli e contribuenti abitualmente infedeli. Se uno paga la rata 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9 e 10, è evidente che la rata 5 non è stata pagata per errore o disguido. Del tutto inutile, controproducente e costoso procedere con atti legali.
  2. L'atto legale richiede molto più tempo e costi molto più alti per la gestione. Se hai 100 debitori e mandi subito 100 lettere di memorandum-sollecito, almeno il 60% (quelli che si erano dimenticati per errori oggettivi) paga subito. Questo significa che ricevi almeno il 60% del credito in tempi minori, e i costi di gestione dell'atto legale ce li hai solo nel 40% dei casi, con riduzione dei costi, un grande miglioramento del servizio al contribuente, una maggiore efficienza complessiva.
Procedere invece automaticamente per atti legali nel 100% dei casi è invece un errore di gestione e comporta maggiori sprechi e grande inefficienza. Sono anche meccanismi ottusi come questi che generano i grandi costi burocratici dell'azienda pubblica italiana.

mercoledì 9 febbraio 2011

Perché Sindacati, Sinistra e Governo sul mondo del lavoro sbagliano in pieno

Il mondo del lavoro è cambiato da almeno venti anni e chi lavora in pubblicità e nei new media  se n'èe accorto prima degli altri.

Sindacati e tutele a misura unica possono servire ma non risolvono tutti i problemi.

Oggi occorrono anche punti di riferimento professionale per gestire i diversi stadi di carriera. Un buon esempio per le partite iva e alcune tipologie di precari è ACTA, l'Associazione Consulenti Terziario Avanzato.

Salvo rare persone, è rarissimo che un giovane entri a 25 anni in agenzia o in azienda e ne esca 40 anni dopo con la pensione. Come minimo cambia tre o quattro datori di lavoro, svolge dei periodi da consulente, in certi casi apre la sua piccola o media impresa.

Il problema NON è avere il lavoro garantito a vita né ordini professionali corporativi, ma avere strumenti (anche dallo stato) per gestire gli inevitabili alti e bassi di reddito e di lavoro, senza drammi ma anche senza ostacoli inutili.


Anche perché (e questo sindacati e PD proprio NON l'hanno capito e vivono ancora nel 1950), non tutti vogliono o possono lavorare per tutta la vita nella stessa azienda.

Questa considerazione vale per quasi tutti i settori moderni. Il problema italiano invece è che i sindacati sono fermi al lavoro dipendente a vita (caratteristico della pubblica amministrazione e di qualche grande azienda), mentre la norma ormai è costituita da percorsi di carriera variabili.

L'altro problema è che lo Stato Italiano e il Fisco, lungi dall'agevolare questi percorsi, li penalizza e ostacola, offrendo servizi scadenti, nessun ammortizzatore sociale evoluto (a parte la "cassa integrazione" che serve principalmente per favorire le aziende medie e grandi), favorendo contemporaneamente il formalismo normativo e l'evasione fiscale.

Su questo tema in Italia sbagliano tutti:

  1. I sindacati, che si arroccano a difendere solo i lavoratori dipendenti delle grandi aziende e i pensionati;
  2. I partiti di sinistra a cominciare dal PD, che non si sono ancora accorti di milioni di precari, microimprenditori e partite iva, e pensano che l'eventuale soluzione è assumerli tutti (da chi?);
  3. Il Governo pseudoliberale che abbiamo adesso, che tutela (quando li tutela) principalmente gli interessi della grande impresa.
Due riforme sono indispensabili, una di esse a costo zero (salvo che per gli interessi costituiti):
  1. Il sussidio di disoccupazione invece della cassa integrazione.
  2. La certezza e rapidità dei pagamenti. Solo in Italia esistono i pagamenti a 90, 120, 180 giorni, senza alcuna sanzione né disincentivo per chi ritarda. Ma chi è che ritarda i pagamenti più di tutti? Guarda caso proprio lo Stato e la Grande Impresa...

domenica 6 febbraio 2011

Venti F24 in un anno. La prova che Berlusconi e Tremonti, 16 anni dopo, hanno fallito

Il commercialista mi ha chiesto di mandargli le quietanze dei modelli F24 pagati online. Li ho contati. Nel 2010 ho compilato 20 modelli F24. Quasi due al mese.

16 anni fa Silvio Berlusconi aveva promesso "Meno tasse per tutti", firmando anche platealmente in tv un contratto con gli Italiani, in una trasmissione di Bruno Vespa.

Giulio Tremonti, che è sempre stato il ministro dell'Economia dei Governi Berlusconi, nel 1986 aveva scritto il libro "Le cento tasse degli italiani". Quindi era ed è ben consapevole della complessità del sistema fiscale italiano.

Venti modelli F24, fra compilazione e gestione, significano almeno 20 ore di lavoro, non retribuito da nessuno. Tutto questo per fare data entry a beneficio dello Stato, e per pagare a tuo rischio e pericolo, perché ogni minimo errore comporta pesanti sanzioni.

Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti sono inadempienti.

Silvio Berlusconi aveva promesso meno tasse, e dopo 16 anni (con tre governi Berlusconi) la pressione fiscale italiana è rimasta fra le più alte d'Europa.

Si può dire che è colpa della crisi, della congiuntura, del terrorismo internazionale. Ma, se non si poteva abbassare le tasse (affermazione tutta da provare), però si poteva lavorare sulla semplificazione. Su quella non ci sono scuse.

Invece NON c'è stata. La semplificazione degli adempimenti, delle regole, delle normative NON è questione di costi, di crisi, di aumenti di spesa. Inoltre, mentre forse si può sostenere che il povero Silvio Berlusconi è stato distratto dai processi e da giudici malevoli, Giulio Tremonti ha lavorato indisturbato.

Vero che i due governi Prodi, con Visco Ministro e poi Viceministro hanno dato una mano (Vincenzo Visco è stato un grande complicatore normativo, almeno dal punto di vista di commercialisti e piccole imprese).

Ma possibile che, dal 1986 (anno in cui Tremonti scriveva "Le cento tasse degli italiani") ad oggi il problema degli innumerevoli adempimenti a carico persino delle ditte individuali sia stato appena sfiorato? Alla faccia delle riforme liberali promesse 16 anni fa (e che a quanto pare stanno diventando urgentissime solo oggi).

Se non potevano abbassare le tasse, potevano almeno semplificarle.

Io non ho mai creduto a Silvio Berlusconi (lo conoscevo, anche se non personalmente, da molto tempo prima che entrasse in politica). A modo suo è simpatico. Ma è un gran bugiardo.

venerdì 31 dicembre 2010

Stampa clandestina in crescita in Italia?

Un interessante problema editoriale nasce forse dal sito Paper.li. Un problema che forse illustra bene gli anacronismi della legge italiana sulla stampa. La quale, in acrobatico contrasto con la Costituzione, prevede che le testate giornalistiche siano registrate presso il tribunale della città dove vengono edite e che abbiano un direttore responsabile iscritto all'Albo dei Giornalisti (con varianti per i periodici specializzati).

Questa normativa pressoché unica in Europa e piuttosto rara anche nel resto del mondo ha generato un bizzaro disclaimer che si vede spesso nei blog:  questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001, anche se, come capita spesso in Italia, non è chiaro se sia utile o necessario.

Ora, Paper.li è un aggregatore di contenuti provenienti da Twitter e Facebook che genera delle pagine di questo tipo: Adv Daily by Alessandro Sisti, Michele Ficara Daily, Alessandro Cosimetti Daily (sono tre dei tanti di cui ricevo la segnalazione via Twitter). Chi è presente su Twitter e ha qualche amico che usa il servizio riceve ogni giorno il tweet "È uscito il Tizio Caio Daily", "È uscito il Sempronio Tarquinio Daily".

L'aggregazione viene fatta in modo automatico, sulla base di filtri indicati dall'utente, viene aggiornata regolarmente, anzi quotidianamente, sulla base di contenuti aggregati da Facebook e Twitter, e la notizia della pubblicazione viene spedita a una base di iscritti definita dall'utente, fra amici di Facebook e follower su Twitter. La pagina viene presentata come un quotidiano ("Daily", "a paper from ....", "x contributors today", "a Paper.li newspaper") e i contenuti sono definiti articoli.

Immaginiamo che uno dei contributor aggregati dal nostro "Daily" pubblichi sul suo spazio Facebook un post e una foto ritenuti falsi o diffamatori da qualcuno. Il nostro Daily le aggrega e poi segnala la nostra pagina a un migliaio fra amici e follower. Il caso è improbabile ma, con milioni di utenti Facebook e migliaia di quotidiani su Paper.li, è sia verosimile che possibile.

La persona che si ritiene diffamata stampa la pagina del "Tizio Caio Daily" che riporta, fra i tanti articoli, anche il contenuto che ritiene falso o diffamatorio e va dal suo avvocato.

Cosa diranno l'avvocato e soprattutto poi il giudice? Ravviseranno la diffamazione a mezzo stampa e, mancando registrazione presso il tribunale e direttore responsabile, anche l'assurdo e anacronistico reato di stampa clandestina? Perseguiranno solo l'autore del contenuto diffamatorio, oppure ravviseranno un concorso di colpa da parte della testata giornalistica "Tizio Caio Daily"?

Alternativamente, qualche solerte Istituzione Statale alla ricerca di nuovi modi per fare cassa, scoprirà in Paper.li un modo facile per inviare in modo industriale un po' di sanzioni per stampa clandestina semplicemente cercando sul sito Paper.li i quotidiani degli utenti italiani?

martedì 23 novembre 2010

Posta Elettronica Certificata, 6 mesi dopo...

Sei mesi fa scrissi della Posta Elettronica Certificata e, visto che era stato lanciato il servizio pubblico, provai a richiedere una casella senza, apparentemente, ricevere risposta. Naturalmente può darsi che messaggi precedenti mi siano sfuggiti, oppure siano incappati fra le maglie dell'antispam oppure siano rimbalzati per n motivi.
Oggi, a soli sei mesi di distanza, mi arriva una messaggio per attivare il servizio (lo incollo più sotto). Per farlo dovrei recarmi fisicamente presso un vicino ufficio postale con documenti varie per farmi quindi rilasciare il modulo di adesione al servizio stesso.

Domande:
  1. O lenti complicatori degli affari semplici, ma non potevate dirmi dall'inizio che la procedura avrebbe richiesto di recarmi personalmente presso un ufficio postale? 
  2. Se si vuole la posta elettronica certificata ed è necessaria tale procedura, perché attivare la registrazione online, non è meglio (anche per sicurezza) procedere direttamente tramite ufficio postale e basta?
  3. E, in ogni caso, gli uffici postali non sono più capaci di spedire documenti a casa?
  4. Inoltre, se questa particolare casella di posta elettronica certificata deve essere univocamente intestata a un cittadino vivente, non dovrebbero occuparsi della faccenda i comuni di residenza, oppure l'anagrafe fiscale?
  5. Infine, se la casella di posta elettronica certificata pubblica deve essere univocamente intestata a un singolo cittadino, per evitare duplicazioni non basta verificare di assegnare una casella a un codice fiscale?
In tutti i casi, piuttosto che una semplificazione per il cittadino, sembra un'ulteriore infrastruttura, diretta più a semplificare l'amministrazione pubblica che il cittadino visto che, una volta attivata la casella, è l'Amministrazione che ha un comodo canale per assolvere ai suoi doveri di informazione nei confronti del cittadino e non viceversa.

X-Mailer: MIME::Lite 3.021 (F2.6; A2.06)
Date: Mon, 22 Nov 2010 18:30:51 +0100
From:  comunicazioni@XXXXXXX.it
To: XXXXXXXXXXX
 
Subject:  Attivazione servizio PostaCertificat@
Message-Id: 5F5E6813-7XXXX0-BC5F-9FD9-@XXXXXXXX.it
X-Riferimento-Message-ID: <20101XXXXX1273051@XXXXXXXX.it>

Gentile Cliente,

Le ricordiamo che per completare la richiesta di attivazione del servizio PostaCertificat@ e' necessario recarsi presso uno degli uffici postali abilitati presenti su tutto il territorio nazionale. Potra' ricercare direttamente dal sito www.postacertificata.gov.it l'ufficio postale a Lei piu' vicino, dove completare la fase di attivazione del servizio.

Le ricordiamo di portare con se':
- un documento di riconoscimento in corso di validita' ai fini dei controlli visivi condotti dagli operatori degli uffici postali
-  il codice fiscale
- il codice ID fornito al momento della fase di registrazione al servizio condotta sul portale.

Al termine delle operazioni, Le verra' rilasciato il Modulo di Adesione al servizio da lei sottoscritto, nel quale trovera' tutte le informazioni sul servizio.

Per maggiori informazioni sull'attivazione del servizio, la invitiamo a consultare il sito: https://www.postacertificata.gov.it/guida_utente/come-accedere-ai-servizi.dot

domenica 31 ottobre 2010

Anatomia della Social Card

La semi-dimenticata "Social Card", definita più sobriamente Carta Acquisti dal Ministero delle Finanze, è un buon esempio di iniziativa sociale ad alto contenuto propagandistico. Lanciata con grande battage nel 2008, ha queste caratteristiche dal punto di vista mediatico:
  • Si presta a una comunicazione facile e comprensibile: "uno strumento per aiutare i poveri"
  • È marchiata "MasterCard" e "Poste Italiane"
  • È accessibile solo su richiesta e solo da una piccola parte della popolazione: pensionati ultrasessantacinquenni al di sotto di una certa fasca di reddito e bambini inferiori a tre anni con genitori al di sotto di una certa fascia di reddito. Quindi i costi effettivi dell'operazione sono inferiori a quelli dell'apparente vantaggio sociale
  • Comporta costi di gestione che vanno a favore di due entità importanti: la rete interbancaria e le poste.
In pratica la grande visibilità in occasione del lancio dello strumento, unita alla relativa difficoltà di ottenerla, rende la Social Card un eccellente spot pubblicitario per il circuito Master Card e per le attività finanziarie di Poste Italiane unito al finanziamento dei costi di gestione relativamente bassi. Infatti, almeno nel caso dei pensionati ultrasessantacinquenni, esisteva un'alternativa semplice e pratica per dar loro 40 euro al mese, senza i costi di gestione di una "carta acquisti": aumentare semplicemente la pensione.

Come nel caso degli incentivi per il digitale terrestre, grande fanfare e finanziamenti pubblici con ricaduta di vantaggi pubblicitari, propagandistici e operativi per alcuni operatori privati o semipubblici.

martedì 25 maggio 2010

Perché la Posta Elettronica Certificata (PEC) è una bufala

La Posta Elettronica Certificata è una bufala spacciata per innovazione. Meno fallimentare di Italia.it, il megaportale pseudoturistico bipartisan costruito anni fa e ricostruito in qualche maniera recentemente, è una delle tante pseudoinnovazioni (come l'F24 telematico) che fingendo di semplificare la vita al cittadino, cercano casomai di semplificarla alla Pubblica Amministrazione.
  1. Tanto per cominciare serve solo per comunicare con la Pubblica Amministrazione. Il governo con tanta fanfara ti offre una casella di Posta Elettronica Certificata, e poi scopri che è una casella incompleta: ufficialmente per non fare concorrenza ai fornitori privati, non può essere utilizzata per mandare "raccomandate digitali" al proprio commercialista, avvocato o amministratore del condominio. Serve solo per comunicare con gli enti pubblici.
  2. Inoltre c'è il trucco: se la usi UNA volta per comunicare con la Pubblica Amministrazione, da quel momento in poi la Pubblica Amministrazione ha facoltà di usare solo quel canale per comunicare con te, con l'aggravante che, una volta che la comunicazione viene depositata nella TUA casella, questa viene considerata RICEVUTA. Anche se non scarichi mai la posta, se sei in vacanza, se hai dimenticato la password, se ti sei dimenticato di aver aperto la casella per curiosità, se nel frattempo sei morto e i tuoi eredi non hanno l'accesso alla casella.
  3. Infine, è una complicazione abbastanza inutile, la tipica complicazione all'italiana, come dimostra in questo post Guido Scorza: ad esempio in Francia quando vuoi comunicare con un funzionario pubblico, semplicemente cerchi tutti i suoi recapiti, fra cui l'e-mail, e se gli vuoi mandare un messaggio gli puoi scrivere con la normale posta elettronica, senza dover necessariamente attivare una casella ad hoc dalla tecnologia particolare. In Italia non solo è molto difficile trovare nomi e recapiti dei funzionari pubblici, ma questi hanno ancora la mentalità per cui "non sono tenuti a rispondere al telefono". Per cui, prima o poi, il cittadino diventerà "tenuto" ad armarsi di Posta Elettronica Certificata per semplificare la vita ai funzionari. Da notare che in nessun paese europeo esiste uno strumento analogo.
Insomma la Posta Elettronica Certificata è l'ennesimo prodotto dell'Ucas, Ufficio Complicazione Affari Semplici, uno dei dipartimenti più produttivi della Pubblica Amministrazione Italiana.

lunedì 21 dicembre 2009

"Facebook è un concorrente della tv, più potente e più divertente..."

L'intervento di Gianluca Dettori a Working Capital. Fra le cose che dice:

"Siamo un museo delle cere. L'Italia è una nazione che investe nel passato."

"Facebook viene usata per cinque ore alla settimana in media. Facebook è un concorrente della TV più potente e più divertente."



Gianluca Dettori è stato il primo presidente di IAB Italia, nel 1999. Dopo essere stato direttore marketing di Italia Online e poi direttore generale di Lycos, ha fondato Vitaminic. Attualmente è fondatore e presidente di Dpixel, società di venture capital nel settore hi-tech. In questo intervento si sfoga e dice alcune cose che, in Italia, molti vorrebbero che non fossero mai dette in televisione in prima serata. E, purtroppo, per ora nessuno le dice a quel 60% di italiani che ancora NON sanno cos'è Internet e vengono disinformati dai vari TG di ogni orientamento.

lunedì 25 maggio 2009

L'ufficio Complicazione Affari Semplici non dorme mai

In Italia è sempre possibile complicare le cose. Se non esistono, si inventano e poi si regalano ai cittadini, come nel caso della Posta Elettronica Certificata.

Estraggo dall'articolo di Guido Scorza su Punto Informatico:

"Un'ultima considerazione che non credo possa lasciare indifferenti: è noto che la PEC (Posta Elettronica Certificata) è una realtà presente solo nel nostro Ordinamento e che essa non è in uso in nessun altro Paese al mondo. Viene, dunque, spontaneo chiedersi se regalare ai cittadini italiani, nel 2009, uno strumento con il quale possono "parlarsi" solo tra di loro mentre non possono comunicare - o almeno non possono farlo con analoghe garanzie - con il resto del mondo sia una scelta illuminata o, piuttosto, una condanna a prolungare la condizione di isolamento nella quale il digital divide ha già posto ampie fasce della popolazione."