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mercoledì 5 ottobre 2011

Lezioni di Giornalismo (28) - Non è necessario essere disinformati per scrivere sul Tempo. Però aiuta

L'importante giornalista Alberto Di Majo, di fronte alla prospettiva di chiusura di Wikipedia in conseguenza del disegno di legge cosiddetto "Anti intercettazioni", afferma dalle pagine del prestigioso quotidiano cartaceo Il Tempo che la Treccani "è meglio di Wikipedia", usando argomentazioni che sono state smentite, tanto per dire, dalla BBC ben sei anni prima della scrittura del suo articolo.

Mica male come esempio di totale ignoranza di quel di cui scrive.

Molti commenti online al suo articolo (scritti da lettori che conoscono Internet meglio dell'autorevole giornalista) sono spassosissimi.

[Le altre Lezioni di Giornalismo qui]

lunedì 13 dicembre 2010

Hillary Clinton sulla libertà di informazione - B.W. (Before Wikileaks)

"L'informazione non è mai stata così libera. Anche nei paesi autoritari i siti di informazione stanno aiutando le persone a scoprire fatti nuovi e a chiedere ai governi di rendere conto delle loro scelte. [Barack Obama] ha difeso il diritto delle persone di accedere liberamente alle informazioni, sottolineando che il flusso libero delle informazioni rende più forti le società. Il presidente ha osservato che l'accesso alle informazioni aiuta i cittadini a responsabilizzare i governi, genera nuove idee e incoraggia la creatività."

Hillary Clinton, 21 gennaio 2010, come riportato da The Guardian, nella traduzione di Internazionale 876, 10 dicembre 2010.

Ultimamente, sia Hillary Clinton che Barack Obama sembrano entrambi un po' meno convinti. La libertà degli altri è faticosa.

giovedì 4 novembre 2010

Twitter e Facebook non fanno la rivoluzione

Sono un entusiasta di Twitter e penso che sia potentissimo per condividere le informazioni. Allo stesso modo considero Facebook un ambiente molto interessante per condividere amicizie e anche per collaborare e lavorare (anche se molte aziende tendono a vederslo solo come una potenziale perdita di tempo). Però, sulla scorta di 16 anni di esperienza su Internet e quasi venti di esperienza online, mi trovo a condividere, mio malgrado, il contenuto di questo articolo del New Yorker: La rivoluzione non passa da Twitter.

In sintesi esistono almeno due tipi di legami; i legami forti e i legami deboli. I social network facilitano enormemente i legami deboli, a rete. I quali, passata la sorpresa del primo impatto, probabilmente rendono pià fluido ed efficiente lo status quo, piuttosto che metterlo in dubbio. Per attività di forte impatto sociale, dall'attivismo politico alla rivoluzione, occorrono invece legami forti, integrando i legami a rete con una gerarchia decisionale che si prenda la responsabilità della leadership. E talvolta anche abnegazione e coraggio fisico. Da prendere il treno per partecipare a un convegno fino a rischiare le manganellate a un sit in, qualcosa di più di cliccare un bottone, modificare un avatar, firmare una petizione online.

Conclusione: Internet non è rivoluzionario, al massimo è evoluzionario. Sempre ammesso che non si trovi il modo di utilizzarne la potenza per un controllo sociale sempre maggiore, rendendo lo strumento addirittura anti-rivolusionario.

Chissà. Il pericolo esiste.

venerdì 18 giugno 2010

Legge bavaglio, scenari e contromosse per i blogger

La cosiddetta Legge Bavaglio, il disegno di legge anti-intercettazioni che in questi giorni sta avendo fortunatamente qualche ostacolo alla Camera, comporta rischi e problemi per chi gestisce blog e siti Web in Italia. Ecco alcuni scenari possibili a cura di Nazione Indiana e, in questo articolo di Guido Scorza, il suggerimento per una soluzione di tipo automatico (un link oppure un widget per consentire a chi desidera una rettifica di pubblicarsela in automatico).

sabato 1 maggio 2010

"Il Fatto" e "il Manifesto": utili per il primo, solidarismo per il secondo

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato nella sua edizione cartacea del primo maggio i risultati del suo bilancio 2009. In soli tre mesi di attività ha generato utili per circa due milioni di euro. Di questi una quota sarà distribuita agli azionisti, e una quota analoga andrà ad aumentare il capitale sociale.

Il caso del Fatto Quotidiano dimostra che è possibile fare informazione indipendente senza necessariamente contare su sovvenzioni pubbliche, e senza dover contare su padrini pubblicitari (molte testate italiane vivono anche grazie a una combinazione di fondi pubblici e di contratti compiacenti di concessionare pubblicitarie amiche).

Invece di invocare con riflesso condizionato le provvigioni per la stampa "a difesa del pluralismo" e il solidarismo dei lettori ogni due o tre anni, Il Manifesto fa bene a studiarsi la lezione, così come, da diversi anni, avrebbe dovuto studiare con attenzione anche gli aspetti di marketing dei casi di Radio Popolare e del blog di Beppe Grillo.

Infine, è assurdo che in Italia i quotidiani vengano finanziati con soldi pubblici, col risultato che i finanziamenti pubblici aumentano gli utili delle testate commerciali e consentono di vivacchiare testate che non hanno mercato a parte l'autorefenzialità politica (e mi riferisco a diverse testate di partito o pseudo-tali).

martedì 13 aprile 2010

Critichi un'orchestra? 500.000 euro di risarcimento dei danni

I paradossi di leggi e di una cultura giuridica non sempre orientata alla libertà di parola e di stampa: un critico musicale viene condannato a pagare 500.000 euro per commenti critici (peraltro autorevoli) espressi da un direttore d'orchestra da lui intervistato, e per i titoli dell'articolo ritenuti diffamatori (titoli che oltretutto non sono stati scritti da lui ma dalla redazione del giornale).

Spieghiamo meglio: il giornalista viene condannato per le dichiarazioni dell'intervistato e per i titoli che non ha scritto lui.