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venerdì 28 novembre 2014

Lista ADCI. Un po' brusca, come chiusura

Botte da orbi ma anche discussioni profonde
Il 27 novembre, senza preavviso, è stata chiusa la Lista Adci dell'Art Directors Club Italiano.

Si trattava di una lista di discussione attiva in vari modi dal 1999, attivata in modo bislacco all'epoca (furono arruolati tutti gli indirizzi e-mail di tutti i soci, molti dei quali sorpresi dal fatto di ricevere messaggi in circolare) e chiusa in modo altrettanto bislacco oggi. Qui il link defunto.

È vero che le liste di discussione via e-mail sono una forma di "social network" un po' superata. Però comprendeva circa 300 iscritti (non ho modo di verificare perché da ieri non posso accedere alla lista) e un archivio di discussioni che poteva o potrebbe essere interessante studiare o analizzare in futuro. A queste discussioni avevano partecipato alcuni dei più grandi pubblicitari italiani, fra cui Enzo Baldoni, Franco Moretti, Emanuele Pirella (in ordine alfabetico).

Fra blog, Facebook, Linkedin, Twitter e altro, era per certi versi l'unico spazio di discussione interno del Club sempre accessibile 24 ore su 24. Oggi l'unico spazio accessibile a tutti i soci è l'assemblea annuale, (accessibile principalmente solo per chi si trova a meno di tre ore di treno da Milano). Gli altri o non sono privati, o non sono spazi dove la discussione può avvenire in modo approfondito (e archiviabile): su Twitter, con tutta la simpatia che ho per questo mezzo, non puoi approfondire niente. Su Facebook, con tutta la simpatia che ho per questo mezzo, se vuoi ritrovare qualcosa che hai visto anche solo tre giorni fa, è un'impresa.

Come avrebbe potuto essere gestita questa chiusura? 
Secondo me in modo meno brusco. Prima di tutto con un adeguato preavviso: almeno un mese. Secondo: lasciando comunque la possibilità di consultare i messaggi archiviati agli iscritti. Terzo: consentendo una discussione interna su come eventualmente migrarla o portarla avanti. La mailing list avrebbe potuto essere migrata in un gruppo Facebook (attualmente esiste un gruppo Facebook ADCI, ma molti iscritti della lista non ne fanno parte).  Avrebbe potuto anche essere staccata dall'Adci per essere affidata a un'autogestione. Dopo tutto, bene o male, era abbastanza attiva.

Invece cancellarla da un giorno all'altro senza discussione pubblica è stata una decisione calata dall'alto, decisamente poco social e poco democratica. Ho già visto altri due casi simili in ADCI negli ultimi 10 anni: la "terminazione" del Capitolo Freelance ADCI, e la chiusura, semplicemente portandolo offline, del primo blog ADCI. Entrambi furono episodi poco simpatici.

Mah.

mercoledì 17 aprile 2013

Voto online e democrazia diretta: perché è ancora troppo presto


Il voto online sembra una procedura facile e veloce, per chi non ha mai studiato il problema.

In realtà gestire consultazioni, referendum e voti online è tutt'altro che facile e richiede un'infrastruttura che ancora non esiste, particolarmente dal lato utente.

Molti profani sono ingannati dalla confusione fra sondaggi, inchieste demografiche e votazioni. Gestire un voto, un referendum o una qualsiasi consultazione attendibile è molto più difficile e complesso che gestire un semplice sondaggio online, scientifico o no.

Mentre gestire un sondaggio non scientifico è facilissimo (molti siti lo fanno, e persino singoli utenti) e gestire un sondaggio con attendibilità scientifica è solo un po' più complesso ma basta rivolgersi a degli esperti, di sondaggi & di tecnologia informatica, gestire un voto o un referendum online è diabolicamente complesso. E infatti tutti i sistemi di "televoto" in uso vengono dedicati a questioni relativamente poco importanti (il Festival di Sanremo, trasmissioni televisive) e sono basati sul telefono, ma non garantiscono al 100% che un call center non possa mettere a segno voti multipli in gradi di influenzare, anche solo marginalmente, la consultazione. E comunque, gli utenti motivati che dispongono di più telefonini e una linea domestica possono impunemente dare due o tre voti allo stesso cantante, cosa che in una consultazione politica non può essere ammesso.

Il grosso problema è questo: garantire l'autenticità del voto insieme all'anonimato.

I modi comuni per identificare un utente in rete sono diversi, ma nessuno è univoco né perfetto. Ad esempio:

  1. Assegnare un identificativo e una password. Ma nessuno può garantire che questi vengano usati solo da quella particolare persona. Inoltre una stessa persona può procurarsi più identificativi, se vengono assegnati in forma anonima:  vedi ad esempio gli acquisti online.
  2. Utilizzare il telefonino per votare. Il telefonino è un modo abbastanza buono per identificare un utente: il numero è personale, anche l'apparecchio ha un numero di serie univoco. Il problema è che una stessa persona può possedere o avere accesso a più di un telefonino. Perché il telefonino possa essere usato in modo affidabile per un voto online esteso a tutta la popolazione, occorrerebbe che tutti i maggiorenni dispongano di un telefonino; e che questo venisse assimilato a un documento di identità (ma solo uno dei telefonini accessibili a una data persona). 
  3. Identificare la persona con un indirizzo e-mail univoco. Stesse problematiche del punto 1 e 2. Inoltre larga parte della popolazione italiana e mondiale non usa ancora l'e-mail, mentre una parte della popolazione dispone di innumerevoli indirizzi e-mail.
  4. Identificare la persona con il codice fiscale. È facile evitare che uno stesso codice fiscale voti più volte, ma è difficile evitare che una persona utilizzi diversi codici fiscali di persone non interessate al voto oppure conniventi per dare voti multipli.
  5. Identificare una persona con la carta di credito o con il bancomat. Stesse problematiche del punto 2.
  6. Attribuire a ciascun cittadino una tessera elettronica non falsificabile utilizzabile come mezzo per votare (sistema analogo alla scheda elettorale).
Resta però il problema dell'anonimato del voto: per la natura stessa del software, che se non è aperto è noto solo a chi lo ha creato, l'unica possibilità è fidarsi del produttore delle macchine hardware-software di gestione.

Per disporre di un sistema di voto online inoltre non basta "mettere su il sito" e attendere che la gente voti. Esiste anche un ulteriore problema, non trascurabile: la gestione del picco di traffico sul sito, cosa che si è vista con l'imprevisto successo dell'ultimo censimento nazionale, in cui il sito dell'Istat ha avuto difficoltà nel gestire l'afflusso di cittadini desiderosi di compilare online.

In sintesi: avere un sistema di voto online sicuro non è impossibile, però è soggetto a due esigenze contrapposte e difficili da mediare:
  • Sicurezza. Più il sistema è sicuro, più è difficile da usare, oppure richiede soglie di accesso difficili da implementare e mantenere (esempio: un terminale sicuro in ogni casa, un identificativo sicuro per ogni adulto, oppure soluzioni software basate sulla crittografia a chiave pubblica che non richiedono oggetti hardware ma possono essere complessi da gestire anche per utenti evoluti, figuriamoci gli utenti semi-analfabeti).
  • Anonimato. Più il sistema garantisce l'anonimato del voto, più è difficile garantirsi contro gli abusi, dagli hacker che insidiano il sito, ai voti multipli.
Anche il voto cartaceo non è esente da problemi e brogli elettorali. Ma per ora allestire duemila gazebo come per le primarie del PD (utilizzando migliaia di volontari), o allestire le sedi elettorali in tutte le scuole per il momento è molto più facile e relativamente più sicuro.

Aggiornamento: anche Paolo Attivissimo parla di voto elettronico, qui, in un post scritto qualche giorno dopo questo che sostanzialmente conferma, in altro modo e da altri punti di vista, i dubbi che ho espresso su utilizzabilità e sicurezza del voto elettronico e online.

lunedì 27 giugno 2011

10 consigli per una buona campagna elettorale

Qui 10 consigli utili per una buona campagna elettorale. Il concetto più importante che si desume da questi consigli: le attività su Internet non si improvvisano all'ultimo momento, devono iniziare almeno un anno prima.

Inoltre, aggiungo io, la comunicazione non è più la semplice diffusione di editti per via televisiva, sulla stampa e con i manifesti. La comunicazione è sempre più bidirezionale e bisogna tenerne conto. Da questo punto di vista, sbagliano le testate e i personaggi pubblici che su Twitter hanno un profilo con tanti follower ma che segue zero o pochissime persone, idem chi ha la pagina Facebook ma non risponde mai ad obiezioni e domande.

Ovviamente, dato il numero di impegni che un candidato politico o una persona pubblica ha, è impossibile che segua tutte le attività di comunicazione personalmente. Per questo motivo è importante comprendere e apprendere l'arte del lavoro di gruppo e della delega, utilizzando anche diversi profili sui social network. Ad esempio:

  1. Profilo Twitter personale gestito con il proprio smartphone (eventualmente con il supporto di un co-redattore) per comunicare i propri movimenti e pensieri pubblici;
  2. Profilo Twitter allargato per la gestione del dialogo allargato; possono anche essere più profili gestiti in modo integrato (a cura di una redazione e con periodica supervisione personale)
  3. Profilo Facebook personale per i contatti con familiari, amici e stretti collaboratori (gestito personalmente - i famosi profili personali limitati a 5000 amici), ovvero riservato solo a persone che si conoscono personalmente;
  4. Pagina Facebook pubblica (o anche più d'una per diversi progetti politici o istituzionali) gestita da una redazione.
  5. Blog di riferimento (o anche più di uno) per comunicare anche con chi è fuori da Facebook o da Twitter.


I dieci consigli citati all'inizio sono di Dino Amenduni, esperto di nuovi media e comunicazione politica. Si è occupato insieme all'agenzia Proforma della comunicazione di Nichi Vendola.


venerdì 28 gennaio 2011

La storia dei social media - ma manca il telegrafo...

Qui un'interessante infografica con il riassunto della storia dei social media, dal primo messaggio e-mail ad oggi.
Da notare che in questa infografica manca il sorpendente prologo: molti dei fenomeni che conosciamo dei social network attuali sono stati anticipati dal telegrafo nel XIX secolo.

I telegrafisti infatti hanno costituito per anni la prima comunità online del mondo, ancorché costituita da professionisti e chiusa rispetto al pubblico comune. I telegrafisti, quando non dovevano trasmettere messaggi, spesso chiacchieravano via telegrafo (chattavano), si riconoscevano fra loro dallo stile con cui battevano l'alfabeto Morse, addirittura nascevano storie d'amore fra telegrafisti uomini e telegrafiste donne. Ci fu persino il caso di un matrimonio celebrato a distanza, probabilmente il primo caso di matrimonio online a mezzo telegrafico, in cui i due sposi hanno detto sì con il codice Morse.

mercoledì 12 gennaio 2011

Quora: le "Frequently Asked Questions" diventano un social network

Sin dagli albori di Internet è esistito uno strumento finalizzato per gestire le informazioni di base su un dato argomento: le FAQ, Frequently Asked Questions. Ora questo strumento, quasi venti anni dopo, ha figliato un social network specializzato in domande e risposte che potrebbe essere The Next Big Thing: Quora.

Quora è molto interessante in questo momento perché è in fase nascente, ovvero sta passando dal periodo del primissimo sviluppo a quello della crescita tumultuosa. Gli italiani per il momento sono pochi, e quei pochi tendono ad essere personaggi di un certo prestigio nell'ambito di Internet e della sua storia italiana, oppure sono i classici early adopter curiosi che entrano per primi a frugare fra le novità.

Qui c'è un esempio di una domanda molto interessante: come l'innovazione gestisce il sovraccarico di informazioni. Alcune risposte vengono fornite da geek ed esperti di livello mondiale.

Siccome è sempre difficile fare previsioni per il futuro, è difficile dire se realmente Quora sarà il prossimo fenomeno di Internet, oppure una delle tante mode passeggere. Molto dipende anche da come sarà gestito il suo sviluppo.

Il mio parere è che probabilmente diventerà una risorsa estremamente interessante per la parte più intelligente di Internet, quegli utenti che si interrogano sul futuro, sul passato ma che sono anche disponibili a mettere in discussione sé stessi e le proprie credenze e certezze. È molto più probabile che sia destinato a diventare un influente social network di elite, piuttosto che il nuovo Facebook.

Per farsi un'idea di Quora e della sua portata, qui tre degli argomenti che sto seguendo:

Yoga

Shakespeare

Social network

Ovviamente il complesso degli argomenti possibili è sterminato ed è possibile trovare di tutto, sia per interesse professionale sia per gusto personale.

martedì 21 dicembre 2010

E-book gratis per chi vuole evitare i principali errori della comunicazione online

Alessandra Farebegoli ha scritto un e-book gratuito indirizzato a chi muove i primi passi nella comunicazione e nel marketing online (cioè il 65% delle aziende italiane, visto che solo il 35% ha un sito Web...).

Si tratta di un breve libro facile e pieno di consigli utili. Particolarmente interessante la sezione su Facebook, soprattutto per chi (e sono moltissimi) ha fatto l'errore di promuovere la sua azienda o la sua attività professionale con un profilo privato invece che con una pagina pubblica. Come dico spesso per chiarire l'errore, se per il tuo negozio stai scrivendo NOME: Emporio, COGNOME: Armani, sei nella parte sbagliata di Facebook.

Rispetto al profilo personale la pagina pubblica su Facebook offre questi vantaggi:

  1. - Non c'è limite al numero di amici
  2. - Ci sono le statistiche 
  3. - Può essere amministrata da più persone, evitando pasticci con le password

Questa per esempio è la mia pagina pubblica su Facebook, Scrittore Freelance.

Il libro di Alessandra Farabegoli spiega inoltre molte cose su come ottimizzare il proprio sito Web, su come utilizzare Linkedin e altri consigli utili. Per scaricarlo gratis basta cliccare su questa pagina.

Facebook e Twitter: percentuali a confronto

In questo diagramma, chiamato elegantemente infografica o infographic, un interessante confronto fra le percentuali di utilizzo e la distribuzione degli utenti di Facebook e di Twitter, i due social network probabilmente più famosi negli Stati Uniti d'America e in Europa. Qui il post originale, in inglese.

mercoledì 24 novembre 2010

Facebook può mettere in pericolo il Web? Rischiamo la "feisbucchizzazione" di Internet?

Secondo Tim Berners-Lee, l'inventore del concetto di World Wide Web, l'emersione di fenomeni come Facebook può mettere in pericolo l'universalità del Web e i vantaggi che ne conseguono (interoperabilità, multiculturalità, resilienza, capillarità e diffusione e, soprattutto, apertura alla sperimentazione).

Effettivamebte Facebook è un fenomeno travolgente nell'ambito della Rete. Già oggi risulta che sui browser degli utenti americani una pagina su cinque proviene da Facebook. Questo significa che un quarto delle pagine visualizzate proviene da un unico dominio, facebook.com.

Facebook inoltre è un assorbitore di dati. Normalmente questo blog dovrebbe generare un certo numero di commenti. Quel che da un paio d'anni succede in molti blog è che il rapporto visitatori/commenti è molto diminuito, perché in genere chi intende commentare invece preferisce condividere il post su Facebook e poi eventualmente commentare lì.

Questo da una parte amplia la visibilità dei siti (qualcuno li vede nelle grandi praterie di Internet, qualcuno li vede nelle condivisioni su Facebook), dall'altra però sottrae interazione: i commenti che verrebbero fatti nel blog vengono invece fatti su Facebook, in n rivoli differenti.

Un altro "fattore Facebook" è il fatto che persone fisiche, piccole associazioni e piccole aziende adesso, invece di creare il proprio sito web, possono crearsi la pagina Facebook (molti sbagliano e addirittura si creano un profilo personale per l'azienda invece di una pagina pubblica...), ottenendo a costo zero una visibilità su internet che non è uguale ma è paragonabile a quella di un blog di un sito web.

Se questa è una grossa facilitazione per chi altrimenti aspetterebbe ancora ad affacciarsi al mondo del marketing online, dall'altra parte assistiamo a una enorme omogeneizzazione della comunicazione online.

Analoghi ragionamenti possono essere fatti a proposito di iTunes, che, pur essendo meno pervasivo di Facebook, per certi versi è ancora di più un giardino cintato all'interno di Internet.

Personalmente non credo che Facebook "assorbirà tutto", ovvero credo che anche Facebook avrà il suo ciclo di crescita, consolidamento e stasi. Però, come in passato è esistito il pericolo di una vittoria finale Microsoft, una vittoria finale di Google e altre possibili "vittorie finali" per la dominazione totale di un mercato o di un ambiente, anche adesso il pericolo esiste. Ed è la la feisbucchizzazione di Internet, in cui le principali decisioni tecniche, tecnologiche e ideologiche vengono decise dalla direzione di Facebook.

giovedì 4 novembre 2010

Twitter e Facebook non fanno la rivoluzione

Sono un entusiasta di Twitter e penso che sia potentissimo per condividere le informazioni. Allo stesso modo considero Facebook un ambiente molto interessante per condividere amicizie e anche per collaborare e lavorare (anche se molte aziende tendono a vederslo solo come una potenziale perdita di tempo). Però, sulla scorta di 16 anni di esperienza su Internet e quasi venti di esperienza online, mi trovo a condividere, mio malgrado, il contenuto di questo articolo del New Yorker: La rivoluzione non passa da Twitter.

In sintesi esistono almeno due tipi di legami; i legami forti e i legami deboli. I social network facilitano enormemente i legami deboli, a rete. I quali, passata la sorpresa del primo impatto, probabilmente rendono pià fluido ed efficiente lo status quo, piuttosto che metterlo in dubbio. Per attività di forte impatto sociale, dall'attivismo politico alla rivoluzione, occorrono invece legami forti, integrando i legami a rete con una gerarchia decisionale che si prenda la responsabilità della leadership. E talvolta anche abnegazione e coraggio fisico. Da prendere il treno per partecipare a un convegno fino a rischiare le manganellate a un sit in, qualcosa di più di cliccare un bottone, modificare un avatar, firmare una petizione online.

Conclusione: Internet non è rivoluzionario, al massimo è evoluzionario. Sempre ammesso che non si trovi il modo di utilizzarne la potenza per un controllo sociale sempre maggiore, rendendo lo strumento addirittura anti-rivolusionario.

Chissà. Il pericolo esiste.

lunedì 18 ottobre 2010

Il ritorno della tv generalista (ma senza fermare la crescita dei social network)

Per anni avevo previsto un ridimensionamento della tv generalista il cui pubblico, soprattutto in Italia, continua a invecchiare. Nel lungo periodo magari può essere ancora vero, anche per probabile convergenza tecnologica delle reti, però la tendenza attuale sembra essere questa: TV per l'immagine di marca (branding); Web e social network per passaparola e fidelizzazione; ridimensionamento della stampa che perde copie e investimenti.
In pratica, il classico spot da 30 e da 60" ha ancora una lunga vita davanti a sé, mentre però nel frattempo si sviluppano ulteriormente gli usi per il marketing di Internet e Social Network.

Se la pensi diversamente, commenta e aggiungi il tuo punto di vista.

martedì 26 gennaio 2010

Strategie di presenza su Web e Social Network

Un'interessante sintesi delle possibili strategie aziendali per Internet, Web e Social Media dal blog Social Media Marketing.

In prticolare identifica queste strategie:
  1. Strategia Presenzialista
    (L'azienda pone dei segnaposto nei vari social network)
  2. Strategia Editoriale
    (L'azienda realizza e promuove dei contenuti per Internet, ma senza incoraggiare la conversazione)
  3. Strategia Conversazionale
    (L'azienda si pone anche in ascolto e incoraggia i feed-back)
  4. Strategia Strutturale
    (L'azienda coinvolge attivamente i suoi clienti e followers)
  5. Strategia Analitica
    (L'azienda esamina le conversazioni in rete che la riguardano per trarre idee e indicazioni di mercato)
  6. Strategia Virale
    (L'azienda spedisce in rete contenuti sperando che vengano replicati il più possibile)
  7. Strategia Strisciante
    (L'azienda finanzia e incoraggia forme di presenza non ufficiale)
Ho sintetizzato brutalmente per chi ha fretta, ma consiglio chi è interessato al tema di leggere e riflettere sui brevi paragrafi originali.

Il post continua dando preziose indicazioni sulle tipologie di copertura, ovvero come e con quale progressività (indicativamente) coprire i diversi mezzi possibili, fra blog, forum, social media di moda e non di moda.