sabato 26 febbraio 2011

Donne in pubblicità: vestite e valorizzate - più che su giornali e tv

La percezione della "pubblicità" piena di donne seminude per pubblicizzare i prodotti è frutto di un errore percettivo: con l'eccezione delle riviste femminili, se si prende una rivista non femminile e si contano le pagine pubblicitarie con donne seminude queste sono pochissime e per di più sono in genere realizzate da fotografi senza agenzia pubblicitaria oppure da agenzie pubblicitarie di secondo piano.


Ad esempio ho preso GQ Italia, febbraio 2011, una rivista che contiene sempre numerose foto erotiche.
Le inserzioni pubblicitarie sono 47. Di queste, la maggioranza (42 su 47) non contiene neppure una figura femminile


Ripeto: su GQ Italia, rivista per giovanotti amanti delle donne, 42 inserzioni pubblicitarie su 47 NON contengono neppure una figura femminile.


Quelle che contengono figure femminili sono: 



  • Gucci, con due modelle e un modello, vestiti da testa a piedi ma vagamente suggestive. 
  • Diesel: tre ragazzi, di cui due con la camicia aperta e due ragazze, di cui una con gilet aperto.
  • BMW: due uomini (un ciclista e un golfista) e una ragazza, perfettamente vestita da runner.
  • Roy Rogers: un ragazzo e una ragazza. La ragazza ha un giubbetto corto che lascia intravedere l'ombelico.
  • Yamamay (che vende abbigliamento intimo): un ragazzo in mutande e una ragazza in mutandine e reggiseno.



Ovvero 5 casi su 47 annunci, che per la maggior parte rappresentavano o il prodotto da solo, o il prodotto in qualche maniera abbinato a uno o più uomini (in un paio di casi a torso nudo. Gli uomini).


Le sole foto di nudo in quel numero di GQ sono nei contenuti redazionali.


(chi vuole smentirmi, è pregato di procurarsi quel numero di GQ e rifare i conti. E poi fare analoghi conti anche su Panorama, l'Espresso, Vanity Fair, eccetera. E poi contare i minuti di pubblicità con nudo in tv in proporzione ai minuti con ballerine in mutande e vallette in microgonna).


In realtà la pubblicità andrebbe guardata con molto più rispetto, per questi motivi:



  1. Nelle agenzie le donne sono spesso la maggioranza e spesso hanno ruoli dirigenziali  (molte agenzie hanno più collaboratori donne che uomini: io una volta ho lavorato per un anno in un'agenzia che aveva almeno 12 donne contro 3 uomini, me compreso; e il direttore dell'agenzia era una donna; in tutti i casi la percentuale di donne che lavorano in pubblicità è molto alta).
  2. Le campagne pubblicitarie con la classica donna nuda spesso sono realizzate da aziende che si rivolgono direttamente a un fotografo, il quale è spesso un eccellente fotografo ma, salvo rare eccezioni, in genere non ha competenze né di marketing né di comunicazione (ad esempio, tre anni fa m'è capitato di avere a che fare con un fotografo che, quasi totalmente inesperto di web, essendo amico del titolare dell'azienda committente voleva dire la sua sui testi del sito che avevo scritto. Siccome io, che ho scarse competenze di fotografia, non mi azzarderei a guidare la manina di un fotografo mentre inquadra un oggetto nel modo con cui quel fotografo correggeva parola per parola i miei testi, ho gentilmente interrotto il lavoro e la collaborazione; il sito è andato online con un anno di ritardo).
  3. Molte campagne stampa e di affissioni con donne nude o seminude sono per prodotti di abbigliamento e moda, e sono realizzate da fotografi e non da pubblicitari (vedi punto 2). (Altra testimonianza personale: quindici anni fa ebbi occasione di lavorare con un importante nome della moda italiana, un grande creatore di stile. In fatto di marketing non capiva letteralmente niente e inoltre cambiava diametralmente orientamento da una riunione all'altra. Anche in quel caso interruppi la collaborazione.)
  4. Il nudo e semi-nudo femminile viene usato con una certa frequenza, è vero, per cosmetici, abbigliamento intimo e costumi da bagno, ma si tratta di prodotti per donne acquistati da donne. Se si guardano analoghi prodotti maschili si possono notare analoghi trattamenti del corpo maschile, ma per esigenze di rappresentazione del prodotto (esempio, nello spot Proraso si intravedono nudi maschili).
  5. L'80% degli acquisti sono decisi dalle donne. Sarebbe autolesionista proporre immagini femminili offensive. E infatti quelle immagini in genere NON sono prodotte da pubblicitari professionisti ma da dilettanti (vedi punti 1, 2 e 3) oppure da eccellenti professionisti nel loro campo (ad esempio i fotografi) ma che non sempre hanno anche le competenze di comunicazione.
  6. Tutti i pubblicitari (eccetto i dilettanti) sanno che se vuoi parlare alle donne rappresenti donne, e se vuoi parlare agli uomini rappresenti uomini. Una donna nuda per una schiuma da barba o per martello pneumatico in genere è un errore tecnico (che infatti viene compiuto spesso da dilettanti), così come un uomo nudo per abbigliamento intimo femminile è un errore altrettanto stupido.

Infine: la libertà di stampa è finanziata da due attori: la pubblicità e i lettori. Entrambi fondamentali.

Molti dei problemi politici italiani di oggi dipendono dal fatto che tutti i maggiori partiti politici italiani negli ultimi quarant'anni non hanno capito l'importanza fondamentale della pubblicità sia come risorsa economica sia come fondamento della libertà di parola (se la sua gestione non è monopolista).

È la pubblicità che paga in gran parte gli stipendi della maggior parte degli editori della carta stampata e della tv (quelli che non vivono di provvidenze pubbliche). Ed è la pubblicità l'indispensabile supporto della libertà di stampa.

Qui i commenti sullo stesso tema di Massimo Guastini, Presidente dell' ADCI Art Directors Club Italiano, Pasquale Diaferia, pubblicitario e giornalista, il blog Ted Disbanded.


Aggiornamento: Ecco qui un caso in cui il problema dell'immagine della donna rappresentata dalla stampa dipende totalmente da scelte editoriali, in parte anche inconsapevoli: Yoga Journal USA, testata il cui pubblico è in gran parte femminile, la redazione anche, e l'asservimento al sistema mediatico-pubblicitario inferiore rispetto ad altre testate, senza contare il fatto che il grosso delle entrate di Yoga Journal USA dipende dagli abbonamenti (circa 270.000 abbonati paganti su una diffusione di circa 300.000 copie) e non dalla pubblicità.

8 commenti:

I Picari ha detto...

Ti vorrei ringraziare, sinceramente, di questo pezzo sull'argomento. Anche se non faccio il pubblicitario.

Anonimo ha detto...

vogliamo riparlarne NON escludendo le riviste femminili?
grazie,
laura a.

Anonimo ha detto...

"Il nudo e semi-nudo femminile viene usato con una certa frequenza, è vero, per cosmetici, abbigliamento intimo e costumi da bagno, MA si tratta di prodotti per donne acquistati da donne."

è su quel "ma" che non siamo d'accordo se qui è usato come dire "quindi va bene". Siamo proprio sicuri che le donne abbiano così tanta voglia di vedere donne nude o seminude?

Gianni ha detto...

1. Riparliamone NON escludendo le riviste femminili, Laura. Ne hai presa una e hai provato a fare gli stessi conti che ho fatto io?

2. Le riviste femminili in genere sono dirette da donne, hanno redazioni piene di donne, vengono lette dalle donne e presentano prodotti che vengono acquistati da donne.

Se fai caso, nelle riviste equivalenti per uomini, in pubblicità si rappresenta preferibilmente l'uomo.

Perché, per vendere prodotti maschili, l'uomi si indetifica con l'uomo, per vendere prodotti femminili, la donna si identifica con la donna.

lophelia ha detto...

Il tuo ragionamento mi pare che non tenga conto di molte cose, ma grazie comunque.

Gianni ha detto...

Lphelia, ad esempio?

filippa ha detto...

Trovo l'argomento davvero interessante.
In Svezia esiste un "consiglio etico" che controlla e riesce a far togliere le pubblicità che non rispettano le leggi, per esempio la discriminazione dei sessi, usando (per attirare l'attenzione,) una scollatura o un corpo femminile o maschile per un prodotto che non c'entra niente con il corpo. Un cittadino comune può "denunciare" una pubblicità che trova offensivo... In Italia esiste una cosa simile? Grazie per l'attenzione.
filippa lagerback

Gianni ha detto...

Sì, esiste lo IAP, Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, a cui può ricorrere qualsiasi cittadino.

http://www.iap.it/