Su KTTB si parte una nuova e importante tappa dell'interminabile discussione sulle "Campagne Finte", oggi denominate più esoticamente Fake ads. A mio parere il tema è interessante in quanto rappresenta bene come molte persone nel settore della pubblicità tradizionale tenda a camminare in avanti tenendo la testa ben rivolta indietro.
L'articolo è scritto da Giovanni Pagano, uno dei più grandi art director e creativi italiani, autore di campagne famose sia come direttore creativo sia come freelance. Uno dei più bravi creativi italiani ma, con tutto il rispetto, anche uno dei più tradizionalisti (termine che non comporta un giudizio di valore: anche Umberto Eco, attualmente può essere considerato un grande tradizionalista).
Secondo me alla sua invocazione un direttore marketing serio direbbe:
Quali sono i dati? Quante sono le campagne "finte"? Quante sono le campagne finte che vengono premiate? E' possibile confrontare questi dati fra diversi paesi?
Senza una valutazione anche numerica del fenomeno (che non sia "in moltissimi casi", "tutti sanno che" ecc.), siamo nel confronto ideologico.
Intendendo per ideologico: ognuno resta fermo sulla sua "verità" e non si smuove.
Dal mio punto di vista, la facilità con cui si possono creare campagne finte è solo un sintomo e non il problema.
Sintomo che la soglia d'ingresso della produzione pubblicitaria è così bassa tecnicamente e finanziariamente (basta creare un filmato e pubblicarlo su YouTube) che oggi praticamente chiunque può accedervi.
E infatti uno dei problemi della comunicazione pubblicitaria moderna (per chi resta ancorato ai vecchi schemi) è l'estrema frammentazione dei media, che cambia lo scenario e i rapporti. I media pubblicitari sono aumentati, ed è più facile accedervi. Questo cambia tutto, rispetto alla situazione "Stampa, Tv e Affissioni" vista dal 1950 al 1994, anno dell'ingresso in società di Internet.
Pensare che "il problema" siano le campagne finte è legittimo, ma significa restare ancorati allo scenario degli anni '80 del secolo scorso.
La realtà attuale viene invece ben descritta in questo post di Marco Massarotto.
Continuare ad angustiarsi sulle campagne "finte" (e anche continuare a realizzarle), a mio parere è una perdita di tempo. È come il fenomeno dell'MP3 nell'industria musicale: se un fenomeno è tecnicamente facile, accessibile e possibile, non è con una presunta moralizzazione che si risolve il presunto problema. E' semplicemente il mercato che cambia. Bisogna rispondere con misure multiple, fra cui cambiare o far evolvere il modello di business.
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1 commento:
Grazie per il link Gianni. In effetti già nel secolo scorso si diceva che il problema dei fake ads era del secolo scorso. :-)
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