"Finita la lettura e fatte alcune correzioni, Gheinim rapidamente ricopiò il comunicato in pulito e lo consegnò a Jersciakòv. Dopo di ciò seguì un silenzio... Entrambi si sentirono a disagio, come se avessero compiuto qualche brutta azione.
- I soldi per il lavoro volete che li riscuota subito o più in là? - domandò Gheinim, irresoluto.
- Quando volete, anche subito... - rispose con noncuranza Jersciakòv. - Va' in magazzino e prendi quello che vuoi per cinque rubli e mezzo.
- Io vorrei del denaro, Zachàr Semionic'.
- Da me non c'è la moda di pagare in denaro. A tutti pago con tè e zucchero: a voi e ai cantori, e ai portieri. Si ha meno ubriachezza.
- Forse, Zachàr Semionic', il mio lavoro lo si può paragonare a quello dei portieri e dei cantori? La mia è una fatica intellettuale.
- Che fatica! Ti sei messo a sedere, hai scritto, ed ecco tutto. Lo scritto non si mangia, non si beve... roba da nulla! Anche un rublo non lo vale.
- Uhm... come ragionate riguardo allo scrivere!... - s'offese Gheinim. - Non si mangia, non si beve. Non capite che io forse, quando componevo questa pubblicità, soffrivo nell'anima? Scrivi e senti che stai traendo in inganno tutta la Russia. Datemi del contante, Zachàr Semionic'!"
Dal racconto "Lo scrittore", di Antòn Cechov (1860 - 1904)
(Tutte le novelle, raccolta 442-444 "Uno scherzetto", ed BUR, 1952. Traduzione di Alfredo Polledro)
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