domenica 2 gennaio 2011

Lezioni di giornalismo (26) - Quando si parla di tecnologia, approssimazione e superficialità sono obbligatorie perché sembrano divulgazione

Quando sulle testate generaliste si parla di tecnologia (talvolta anche in quelle specializzate) superficialità e approssimazione sono obbligatorie perché vengono scambiate per divulgazione.

L'importante è fare un titolo ad effetto.

Per esempio in questo articolo del Fatto Quotidiano si mette tutto in un unico calderone: brevetti, privacy, tecnologie, sistemi operativi e concorrenti pur di fare un titolo con qualche grosso nome:

Accuse ad Apple, Google, Yahoo, Facebook: usano tecnologie brevettate da altri. Leggendo l'articolo si scopre che non è propriamente una non notizia, ma quasi (per capirci, un esempio delle non notizie che leggiamo spesso sulle nostre testate: "Tegola poteva cadere. Se fosse passato qualcuno poteva morire. Fortunatamente di lì non passa nessuno e la tegola era fissata bene anche se sembrava malferma").


L'articolo è composto di fuffa standard. Inizia con un rullo di tamburi: fine anno amaro per Apple e per i giganti di Internet... fine anno amaro de che? A parte Yahoo che sta ristrutturando per crisi, gli altri continuano a crescere, vendere, capitalizzare.

Il motivo dell'amarezza dipenderebbe da una causa legale che è già stata respinta una volta...

Prima di tutto, in aziende di quelle dimensioni, cause legali su brevetti e contenziosi commerciali ce ne sono sempre. Se una o due cause legali bastassero per un fine anno amaro, tutte le aziende medie e grandi del mondo sarebbero chiuse per depressione dei dirigenti.

La causa inoltre è basata su brevetti abbastanza discutibili e questo non viene spiegato minimamente (negli Usa è possibile brevettare anche i processi commerciali: il "sistema che fa apparire altre pagine Web all'utente mentre naviga" NON è un dispositivo tecnico esclusivo ma è un'idea commerciale che tecnicamente su Internet può essere implementata in innumerevoli modi, ed è proprio questa vaghezza che pone i problemi a identificare l'eventuale violazione del brevetto, ed è probabilmente la vaghezza per cui la causa è già stata respinta).

A questo si aggiunge una ulteriore quasi-non notizia: la class action che potrebbe partire a carico di Apple. Si tratta di un'ipotetica causa collettiva (class action) relativa al fatto che alcune applicazioni per smartphone raccolgono informazioni sull'uso del telefonino. Come giustamente viene osservato nei commenti all'articolo, è il software di terze parti e NON il telefonino che raccoglierebbe dati in modo illegale; inoltre il problema riguarda anche altre marche di smartphone e non solo l'iPhone della Apple.

L'articolo poi si conclude con una previsione bifronte: l'anno inizia con cattivi auspici ma è ancora presto per dire se questi saranno i casi dell'anno. Eggià: così se è una bufala, l'avevamo detto, ma se l'affare si ingrossa, l'avevamo previsto lo stesso. La lezione della Sibilla Cumana.

Insomma, approssimazione e superficialità per un articolo che rappresenta solo uno spreco di spazio.

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