sabato 27 settembre 2008

La pubblicità è l'arte del riciclo


Mizio, Ted e KTTB, tre importanti direttori creativi di altrettante importanti agenzie, hanno citato un'operazione virale Diesel che ha generato una serie di osservazioni sull'originalità nella creatività pubblicitaria. Apparentemente, molti creativi italiani pensano, romanticamente, che la pubblicità per essere "creativa" debba essere assolutamente originale. Non solo: l'eccellenza creativa non sarebbe neppure possibile senza "originalità".

A mio parere, il concetto di "originalità" è un mito, e lo è particolarmente in pubblicità (ne ho parlato a lungo anche nella lista di discussione dell'Art Directors Club Italiano, anni fa). La comunicazione pubblicitaria raramente è originale. Quasi sempre si tratta dell'utilizzo di concetti, linguaggi, forme espressive già collaudati altrove che, quando non sono più "originali" trovano infine ospitalità sulle pagine pubblicitarie e negli spot televisivi.

Tre esempi di grandi campagne che hanno fatto epoca - ma non per la loro presunta "originalità":

Il film "1984" di Apple, ha numerosi debiti, fra cui una certa somiglianza con il mondo descritto nel video "Another Brick in the Wall" dei Pink Floyd, uscito l'anno prima. Non è originale. Senza il libro di George Orwell non avrebbe potuto esistere. La grande idea di quel film stava nell'utilizzare il concetto proprio nell'anno 1984, e con una pianificazione media mai attuata prima (una sola uscita nell'ambito del Super Bowl).

L'ammiratissima campagna "Think Different", sempre di Apple, si basa su un gioco di parole sul modo di dire americano "Think big" (pensa in grande"), ripreso negli anni sessanta dalla citatissima campagna per il Maggiolino Volkswagen "Think small". Ad illustrare il concetto della campagna Apple, foto di repertorio di grandi personaggi della storia, della scienza, della letteratura.

Lo storico manifesto per i Jeans Jesus uscito in Italia negli anni settanta con la foto di un pregevole sedere femminile vestito di cortissimi minishort Jesus, oltre ad avere come visual un'immagine "banale" (semplicemente un sedere molto sexy), aveva come titolo una frase vecchia di duemila anni: "Chi mi ama mi segua". Cionostante, è stato un manifesto geniale.

In tutti e tre i casi, il lavoro creativo è consistito nella semplice ricombinazione di elementi esistenti. Nessuna "originalità", tantomeno nessuna "originalità assoluta".

Una delle rare eccezioni alla mia tesi forse è la campagna "O così o Pomì", uscita per lanciare la salsa di pomodoro in tetrapak: uno di quei rari casi in cui il titolo, estremamente efficace, sintetico e realmente mai detto prima, è diventato un nuovo modo di dire.

I casi di "originalità", tanto nell'arte quanto in pubblicità, sono molto rari. In cinquanta o sessanta secoli di arti figurative, fino all'avvento degli Impressionisti, gli artisti non si sono mai particolarmente sforzati di essere originali. E l'"originalità assoluta" probabilmente non esiste neppure.

Persino l'unica vera forza creatrice che conosciamo, la natura, lavora per semplice trasformazione e mutazione dell'esistente. Figuriamoci se la pubblicità può "creare".

1 commento:

Esker Ridge ha detto...

Parafrasando Benigni ne "La tigre e la neve", la novità è la cosa più vecchia del mondo. L'originalità trarrebbe la propria origine da se stessa, dal nulla? E' come pensare che nell'universo esistono forme di vita - e di intelligenza - diverse dalla nostra. Mentre esistono molto più probabilmente forme di vita identiche alla nostra. Sono le scelte – le combinazioni – che si distinguono dalla moltitudine.

Se mi concedi un ulteriore commento, penso invece che chi si accontenta di poco cerca la felicità.